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Il compito autentico

libro

Se sapete cosa è il compito autentico potete saltare questa prima parte introduttiva e passare alla seconda parte.

Per chi invece non sapesse di che si tratta parto da una definizione che mi sembra abbastanza completa: “Il compito autentico è un compito che prevede che gli studenti costruiscano il loro sapere in modo attivo ed in contesti reali e complessi e lo usano in modo preciso e pertinente, dimostrando il possesso di una determinata competenza”. In parole semplici: una normale attività della vita reale, ricca e splendida, in cui si utilizzano tutte le capacità acquisite e la creatività per risolvere un problema vero.

A scuola in genere le cose funzionano al contrario del compito autentico. Nella vita reale Thomas Edison, inventore della lampadina, ha provato 10000 volte a bruciare fili di tungsteno prima di scoprire come fare quello giusto. Poi una volta arrivato alla soluzione ha preso un pezzo di carta e ha scritto tutti i passi per arrivare costruirla. In classe si parte dal concetto di lampadina già esistente, si spiega di cosa si tratta e come funziona. Manca un po’ tutto quello che ha motivato Edison: il bisogno e l’intuizione che l’ha spinto a crederci anche dopo 10000 fallimenti, la soddisfazione di scoprire qualcosa e la possibilità di usare tutte le sue risorse per risolvere il problema.

Se nella vita reale quindi risolvere problemi veri è più interessante e dà più soddisfazione che non studiare a scuola, come posso rendere un compito che affido ai miei ragazzi il più autentico e interessante possibile?

Come realizzare un compito autentico

Il metodo proposto non vuole essere IL metodo ma solo un metodo per farlo. Ogni compito autentico è altamente personalizzato in quanto con le stesse premesse e con le stesse regole ognuno di noi realizzerà un compito diverso dagli altri e, anche se non sarà il migliore, sarà perfetto perché pensato e personalizzato in base alle nostre conoscenze e ai nostri studenti. Se volete potete anche “ispirarvi” a compiti realizzati da altre persone.

La ricetta per preparare il compito è molto semplice.

Ingredienti: Un argomento da trattare a vostra scelta, il kit delle competenze, word o un foglio di carta e Internet

Ricetta: Scrivi l’argomento in cima alla pagina e descrivi brevemente come lo spiegheresti normalmente. Poi apri il kit delle competenze e scegli una delle competenze o un elemento della motivazione che ti ispira.

Rileggi l’argomento scelto e leggi le domande relative alle competenze scelte. Ad esempio se tu avessi scelto “Competenza digitale” potresti domandarti “Si può utilizzare la tecnologia in modo creativo per imparare l’argomento scelto?”.

Pensaci qualche secondo in modo che ti venga in mente qualcosa. Quindi scrivilo sotto all’argomento.

Ripeti l’operazione con tutte le competenze e con tutte le domande sulla motivazione che desideri e modifica se ritieni opportuno anche quello scritto in precedenza in quanto potrebbe venirti una idea migliore.

Quando pensi di avere creato un bel compito rispondi alle domande nelle parti finali del kit delle competenze che riguardano che le tempistiche, le modalità di svolgimento e la valutazione per decidere come organizzarlo concretamente.

Infine lascia decantare per qualche minuto distraendoti e facendo altro e rileggi l’esercizio che hai pensato ponendoti la domanda finale: “Farei io questo compito?”

Buon divertimento!

Esempi e riferimenti:

Intervista sulla Classe Capovolta

infinito

Può capitare di leggere della classe capovolta e di domandarsi: ma può veramente funzionare? Abbiamo chiesto al Maurizio Maglioni come è cambiata la sua didattica. Puoi valutare tu stesso se la sua esperienza può darti qualcosa.

Buongiorno Professor Maglioni!
Come era la sua esperienza di docente prima di capovolgere la didattica?

Prima di capovolgere lavoravo in una scuola con le LIM in tutte le aule. Usavo molto gli audiovisivi nelle mie lezioni ed addestravo i miei alunni ad usarli nello studio a casa. Insegnavo ad usare in particolare Powerpoint. I ragazzi dovevano prepararsi alle verifiche orali creando dei ppt che mi inviavano per la correzione. Poi in classe esponevano le relazioni mostrando le slide di loro creazione.

Tre anni fa fui trasferito in una scuola completamente priva di LIM. Avrei dovuto ricominciare con il gesso e la lavagna. Mi accorsi, però, che i miei alunni avevano tutti uno smartphone in tasca. Scoprii la flipped classroom di Bergman e Sams e me ne innamorai.

Cosa è cambiato ora?

Ora è cambiato tutto: ho messo in un sito tutti i contenuti da utilizzare a casa ogni settimana e le attività da svolgere in classe. Queste ultime sono descritte con precisione in modo che sia chiaro anche lo strumento di valutazione di ognuna di esse.

I ragazzi sono soddisfatti perché ho abolito le interrogazioni ma ogni giorno essi ricevono un voto o un punteggio che valuta il loro impegno nell’ora di chimica. Inoltre si lavora quasi sempre in coppia o a gruppi di tre in modo da favorire l’aiuto reciproco.

Può farci un esempio di lezione includendo link e materiali?

Il compito seguente l’ho assegnato nelle mie classi seconde in questo mese:

Scrivi una breve relazione da presentare alla classe che contenga le seguenti spiegazioni sul tabagismo:

  1. Qual è la funzione della nicotina nel tabacco?
  2. Qual è il gas più tossico tra quelli presenti nel fumo di sigaretta?
  3.   Perché il catrame si ferma nei polmoni?
  4. Per quale motivo il tabagismo accorcia la vita media delle persone?
  5. In media di quanto accorcia la vita il tabagismo?

Puoi aiutarti  leggendo questo testo sul tabagismo http://www.my-personaltrainer.it/salute/nicotina.html e vedendo il seguente filmato: http://youtu.be/jBoa42ZyPus.

La relazione sarà oggetto di presentazione alla classe nell’ora successiva. Ricorda di citare i siti dai quali ti informi e verifica che siano imparziali.

Che risultati ha ottenuto con i tuoi alunni?

I risultati sono oltre le aspettative: in una mia classe prima ITIS, dove il consiglio di classe aveva accettato di adottare parzialmente e solo in qualche materia l’apprendimento capovolto, abbiamo avuto la totalità dei promossi a giugno con la sola eccezione di due ragazzi che avevano più del 25% di assenze.

Che problemi ha risolto con la didattica capovolta?

Ho risolto tanti problemi: l’interesse e la motivazione degli studenti, la possibilità di allargare a tutti gli strumenti compensativi per i DSA, la possibilità di recupero per gli assenti o per chi resta indietro, la possibilità di assegnare compiti sfidanti ai più dotati. Ma la cosa più importante è che si colma la distanza con il mondo reale: si lavora in classe su compiti autentici, non si studiano orbitali molecolari teorici ed alle volte gli stessi miei studenti mi insegnano gli ultimi ritrovati della chimica nei farmaci, nella cosmetica o nelle materie plastiche.

Che strumenti ha utilizzato?

Lo strumento più importante per me è il cooperative learning perché consente di ottenere risultati di apprendimento qualitativamente e quantitativamente migliori. Penso inoltre che sia uno strumento non solo utile ma, direi, indispensabile per la spinta emotiva ed educativa che promuove nei ragazzi. Credo che non ci sia niente di più culturalmente affascinante dell’imparare a vivere l’amicizia usando la condivisione come “arma di costruzione di massa”.

 Grazie professor Maglioni!

Noi ci salutiamo in attesa della prossima intervista! 🙂

La verifica si corregge da sola

“Ciao! Cosa farai in queste vacanze?”

“Vacanze… non farmici pensare! Mi hanno invitato a passare quattro giorni in montagna e tu sai quanto mi piace… però…”

“Però cosa?”

“La vedi questa pila? Ho 5 classi. 30 studenti per classe. 150 compiti da correggere. Dove vuoi che vada?”

Quante volte vi è capitato qualcosa di simile? Quante volte avete passato pomeriggi e mattinate a correggere compiti mentre avreste preferito fare qualcosa di più stimolante? L’obiettivo della correzione in sé è nobile: mostrare ai ragazzi i loro errori per aiutarli a migliorare. Spesso però a loro questo non interessa e gli basta sapere se il voto è sufficiente. Ore di lavoro finiscono per risolversi in uno sguardo affrettato. Un risultato un po’ umiliante se paragonato a tutto il tempo investito nella correzione.  Non sarebbe bello se le verifiche si correggessero da sole?

surprisedGli ingredienti sono semplici e la ricetta pure. Ve ne diamo un esempio, da cui prendere spunto, da modificare ed adattare a piacimento.

Prepara il compito come hai sempre fatto e presta attenzione al fatto che si possa svolgere in una quarantina di minuti invece che nella classica ora.  Contemporaneamente prepara anche un altro foglio con tutte le soluzioni degli esercizi.
Poi fai tante copie quanti sono gli studenti sia delle verifiche che delle soluzioni.

Quando consegni il testo del compito spiega la nuova modalità: avranno quaranta minuti di tempo per svolgere l’esercizio e poi un quarto d’ora per correggere un paio di verifiche a testa. Così, alla scadenza del tempo e come hai sempre fatto, raccogli tutti i compiti, poi dividi la classe in due parti e consegna ad una parte i compiti dell’altra insieme alle soluzioni in modo che li possano correggere. Chiedi che ognuno assegni il voto in base ad una scala che avrai preparato e che riporti tutte le correzioni sul compito in matita.

Risultato? Dopo un’ora avrai in mano tutte le verifiche della verifica corrette, al costo di esserti organizzato un po’ diversamente da quanto hai sempre fatto.

Vengono in mente altri vantaggi oltre al tempo guadagnato:

  • Si possono fare più verifiche durante l’anno,
  • Anche i ragazzi che non hanno studiato possono imparare dalla correzione,
  • I ragazzi imparano a correggere il lavoro degli altri,
  • I ragazzi accettano e capiscono la correzione visto che se la sono data loro,
  • Ci si risparmia per una settimana la solita domanda: “Prof, ha corretto i compiti?”.

Una variante, senza ridurre il tempo del compito, può essere quella di fare lo stesso il compito in un’ora e farglielo correggere l’ora successiva. A voi trovare il metodo che più vi piace in modo che, con minore fatica si possa ottenere un risultato migliore per tutti.

Che fare ora del tempo guadagnato? Spero non abbiate bisogno di aiuto per rispondere a questa domanda ma se proprio non sapete che fare avremmo un suggerimento: Leggete un bel libro che vi possa dare nuovi suggerimenti e ispirazione. Insomma, leggete un libro magico, di vostro gusto.

 

 

 

I BES, clamoroso insuccesso o opportunità?

Il Dio BES

Chi sono i ragazzi con Bisogni Educativi Speciali? Nella direttiva del 27 Dicembre 2012 si legge: “In ogni classe ci sono alunni che presentano una richiesta di speciale attenzione per una varietà di ragioni: svantaggio sociale e culturale, disturbi specifici di apprendimento e/o disturbi evolutivi specifici, difficoltà derivanti dalla non conoscenza della cultura e della lingua” e si deduce che “l’area dello svantaggio scolastico è molto più ampia di quella riferibile esplicitamente alla presenza di deficit”.

Per “disturbi evolutivi” si intendono, oltre i disturbi specifici dell’apprendimento, anche i deficit del linguaggio, delle abilità non verbali, della coordinazione motoria, dell’attenzione e dell’iperattività, compreso il funzionamento intellettivo limite.

Tutte queste differenti problematiche non prevedono la figura dell’insegnante di sostegno, ma una “presa in carico” dell’alunno con BES da parte di ciascun docente curricolare e di tutto il team di docenti coinvolto.

Teoricamente è un’ottima direttiva, che definisce anche gli strumenti per “prendersi cura” al meglio di ogni alunno speciale. Prevede, infatti, l’istituzione dei CTS (Centri Territoriali per il Supporto), che annualmente dovrebbero definire i PAI (Piani Annuali di Intervento) e aiutare i docenti e le scuole a definire il PDP (Piano Didattico Personalizzato) studente per studente. Ma anche se si riuscisse a mettere in piedi tutta l’organizzazione, con tutta la formazione, la pianificazione, il tempo e soprattutto il denaro che la normativa richiederebbe per essere attuata, l’insegnante si sobbarcherebbe un immenso lavoro extra. Come segnala giustamente Giorgio Israel nel suo blog, l’insegnante dovrebbe diventare:

  • Un assistente sociale;
  • Un valutatore e diagnosta delle problematiche di apprendimento dei ragazzi;
  • Una persona in grado di insegnare in modo differenziato a tutte le varie tipologie di BES;
  • Il responsabile dei problemi dei ragazzi, che possono anche facilmente approfittarne;

E contemporaneamente dovrebbe trovare il tempo per personalizzare la didattica per tutti i suoi studenti con Bisogni Educativi Speciali e non, e per correggere e valutare in modo diverso i loro compiti. Una Caporetto.

Proviamo però a considerare ciò che c’è di buono nella direttiva, cioè il fatto che le difficoltà di apprendimento dei ragazzi sono una realtà, e non possono essere ignorate completamente, La valutazione autentica come ci suggerisce la simpatica vignetta a fianco. La personalizzazione e l’individuazione della didattica personalizzata non sono una novità. Le caratteristiche individuali, al di là di qualsiasi etichetta diagnostica e/o svantaggi socio culturali, dovrebbero essere un principio guida per la definizione della didattica, ma la teoria a volte mal si concilia con la pratica.

Einstein era dislessico e ha imparato a leggere a 9 anni, ma questo non gli ha impedito di essere uno dei più grandi scienziati di sempre. Per lui la soluzione è stata lasciare la scuola. Ma poiché noi crediamo nella scuola, (ci crediamo, vero?) e crediamo che la scuola possa dare molto ai ragazzi è ancora più importante fare un passo nella direzione dei nostri piccoli futuri Einstein, supportandoli nella crescita da un lato e dandogli tutti gli strumenti per essere dei cittadini responsabili dall’altro. Come fare?

La direttiva ministeriale aggiunge, inoltre, che “…è sempre più urgente adottare una didattica che sia ‘denominatore comune’ per tutti gli alunni e che non lasci indietro nessuno: una didattica inclusiva più che una didattica speciale”.

Con la consapevolezza che ogni ragazzo ha un suo modo d’essere, sarebbe quindi bello riuscire ad avvicinarci alla didattica inclusiva:

  • Fornendo del materiale didattico il più semplice possibile, fruibile senza problemi anche da chi ha difficoltà nella lettura;
  • Dedicando più tempo ai ragazzi, in modo da supportare chi ha più bisogno senza annoiare chi è più bravo;
  • Fornire dei compiti diversificati e più coinvolgenti per gli studenti più bravi;

Una metodologia che va nella direzione della soluzione di questi problemi, e che promette anche molto di più, è l’insegnamento capovolto. L’insegnamento capovolto, o Flipped Teaching, prevede di utilizzare dei video, che i ragazzi guarderanno a casa, per sostituire o comunque diminuire il tempo dedicato alle lezioni frontali. Prevede inoltre di utilizzare il maggior tempo a disposizione in classe per lavorare al loro fianco nella realizzazione dei compiti/progetti. Questa metodologia permette di soddisfare i punti precedenti perché:

  • I video possono integrare testo, immagini e audio e rappresentano lo strumento più semplice e coinvolgente possibile per tutti i ragazzi. I ragazzi con difficoltà potranno guardarli più volte;
  • La visione dei video con le lezioni a casa permette di liberare tempo a lezione per svolgere gli esercizi a fianco dei ragazzi;
  • I ragazzi più bravi e interessati saranno quasi autonomi ed avranno la possibilità di impegnarsi in compiti più complessi, o di dare il loro supporto per aiutare i ragazzi meno dotati;

Oltre a soddisfare i punti precedenti,  l’insegnamento capovolto può essere facilmente integrato con altre nuove metodologie di insegnamento come l’Inquiry Learning, il Problem Based Learnig, la didattica per competenze, ecc… per creare dei compiti più coinvolgenti e interessanti.

In conclusione la consapevolezza che esistano i disturbi di apprendimento, certificati o meno, è molto utile per essere più comprensivi con i ragazzi, o almeno per introdurre un ragionevole dubbio nel legame imperante tra fa fatica a leggere = non ha voglia di studiare. Inoltre possiamo servirci dell’insegnamento capovolto per fornire a tutti i ragazzi degli strumenti più semplici per imparare, e per avere a disposizione più tempo per farli esercitare e appassionare alla materia che ci piace insegnare.

Se non avete mai provato una lezione capovolta, dedicate un paio d’ore a prepararne una. Provate utilizzando le infinite risorse gratuite disponibili in rete, o ispirandovi a quello che hanno già fatto i docenti che stanno sperimentando il metodo in Italia nelle discipline di Chimica, Latino, Informatica e Inglese. I vostri ragazzi impareranno e si divertiranno e, cosa ancora più importante, vi divertirete anche voi!

Anna Pia Marsico & Fabio Biscaro

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La direttiva ministeriale completa – BES – Direttiva Ministeriale 27 12 2012

PS: Se qualcuno si domanda cosa sia l’immagine in alto a destra la risposta è: Il Dio Bes!

5 minuti per fare diventare la tua lezione indimenticabile

cervello

Vi è mai capitato che una lezione, nonostante tutto il vostro impegno per renderla interessante e coinvolgente, si sia rivelata poco efficace? E partecipando invece ad un convegno in veste di ascoltatore, vi è mai capitato di perdervi punti importanti nonostante tutto il vostro impegno a seguire?

Anche nel caso in cui lo studente presti sempre la massima attenzione, e questo è più un sogno che una realtà, può capitare che perda qualcosa. Magari per il semplice fatto che non sa che alcune cose sono importanti o perché si distrae un attimo. Il problema è che al termine dell’ora chi perde qualcosa non è nemmeno in grado di sapere cosa si è perso.

Come si può risolvere questo problema? Magari rendendo anche la lezione più interessante? E senza oberarsi di altro lavoro visto che tra le mille cose da fare c’è sempre poco tempo a disposizione?

Una semplice soluzione è consegnare ai ragazzi prima della lezione un foglio di domande dove ogni domanda è pensata perché la risposta sia uno dei punti chiave.

Perché domande e non un elenco di punti? Perché una domanda crea curiosità e un possibile spazio per la risposta, da ricercare nella vostra lezione. Paradossalmente poi potrebbero essere loro a stimolare, chiedendo di rispondere a tutte le domande indicate.

Facciamo un esempio. Se dovessimo spiegare questi argomenti: Basi di Internet, Sito Web, Browser e Motore di ricerca, potremmo consegnare ai ragazzi queste domande:

  • Come è nato e come è evoluto Internet nel tempo?
  • Cosa si intende per albero di un sito web? Cosa rappresentano le foglie?
  • Quali sono le funzionalità principali di un browser?
  • Come posso cercare un documento di word su Internet?

Per rispondere alle domande i ragazzi devono seguire la lezione e comprendere ciò di cui si sta parlando. La domanda, inoltre, crea curiosità e permette di contestualizzare subito.

In definitiva, fornire un elenco di domande la cui risposta rappresenta i punti chiave della lezione, da un lato fornisce una guida per la lezione, sia per il docente che per gli studenti, e dall’altro stimola la loro curiosità.

Una obiezione potrebbe essere: questo non impedisce che uno studente stia disattento e poi si faccia passare le domande. Vero.  D’altronde anche uno studente assente non seguirà la lezione e dovrà poi farsi passare le domande. Il problema non è risolvibile del tutto… a meno che non si utilizzi la lezione capovolta e poi si facciano lavorare individualmente i ragazzi sulle tematiche presentate.

Infine nel caso di ragazzi con difficoltà di apprendimento (BES), la lista di domande potrebbe rappresentare uno strumento molto utile per seguire la lezione.

Addio ai libri di testo!

 

libro-addioUna premessa. Non è ancora uscita una legge che intimi le case editrici a fare dei libri gratuiti. E non c’è nessun finanziamento pubblico. Non esiste neppure una soluzione immediata che dall’oggi al domani risolva l’annoso problema però…

…però ci sono un sacco di persone che ogni mattina si alzano dal letto per andare a insegnare, dopo avere preparato la lezione e tutto il materiale necessario. Possiamo chiedere aiuto a loro, hanno tutto già pronto!

Ed è facile! Siamo noi: gli insegnanti! E siamo tantissimi! Possiamo chiedere aiuto a noi stessi!

Quest’anno, insegnando informatica, non ho avuto  a disposizione il libro di testo perché il linguaggio Pascal che abbiamo utilizzato è un po’… diciamo così… vecchiotto. Ma, come dicono i cinesi che utilizzano l’ideogramma che significa crisi anche per indicare un’opportunità, è stata una vera e propria fortuna!

Motivato dalla mancanza di materiale e affascinato da una metodologia di insegnamento che si sta sviluppando negli ultimi anni in tutto il mondo, chiamata flipped learning, ho pensato: “perché non creare dei video che spiegano tutta la teoria e come svolgere alcuni degli esercizi?”.

E così ho fatto! E non con poco imbarazzo! I video ora sono pubblici e in tutti c’è la mia voce. Non è stato facile. Però renderli disponibili su youtube ha permesso ai ragazzi di guardarli e riguardarli quando avevano tempo, ognuno alla propria velocità. Inoltre, nel caso avessero dei dubbi, avevano sempre me a disposizione, in classe, per riprendere gli argomenti più complessi e per seguirli mentre svolgevano gli esercizi. Inoltre anche alcuni amici dei miei studenti, interessati all’argomento, si sono guardati i filmati per imparare autonomamente. Una bella soddisfazione.

Quindi perché ho voluto scrivere questo articolo? Per sentirmi dire: “Wow, bravo?”. Beh, un po’ sì!  Però c’è qualcosa che mi preme e mi interessa molto di più: raccontare a tutti cosa si può fare e stuzzicare la nostra fame di conoscenza e sperimentazione!

Quindi perché non fare la stessa cosa in italiano per spiegare come impostare un tema o come scrivere una racconto? Perché non realizzare dei video per la matematica, visto che all’estero l’hanno già fatto tantissimo? Perché non usarli per l’inglese? Perché non spiegare la storia e i suoi eventi? Perché non spiegare la chimica? Perché non spiegare il latino? La grammatica? L’economia? La geografia? Il diritto!

Perché non metterci d’accordo? Siamo tantissimi! Se usiamo il web per organizzarci e dividerci gli argomenti nel giro di due/tre anni potremmo avere una biblioteca scolastica infinitamente ricca di contenuti e in continua evoluzione senza aspettare che qualcuno faccia qualcosa per noi.

Organizziamoci! Inseriamo i programmi delle varie materie in un sito! Creiamo dei gruppi di lavoro! Dividiamoceli! Creiamo il materiale necessario, un poco per ognuno, senza strafare! Diventiamo i motori della scuola e diciamo addio ai libri di testo attuali. Facciamo in modo che siano le case editrici ad inseguirci per creare del valore aggiunto e dei materiali sempre migliori per migliorare la qualità della didattica.

Costruiamo la scuola del futuro!

Se vuoi partecipare al progetto visita https://sites.google.com/site/flippedteaching/ e scrivici!

Corso base di Programmazione e Pascal

corso base

Quest’anno ho insegnato informatica in prima liceo ed ho realizzato dei video per tutti gli argomenti base della programmazione. Il linguaggio utilizzato è stato il Pascal.

Siamo partiti dagli schemi a blocchi con Algobuild, e siamo arrivati ad utilizzare i vettori in Pascal. Per ogni parte del programma ho realizzato dei video che coprono tutti gli argomenti e che sono ora disponibili su youtube per chiunque li voglia utilizzare. Inoltre in ogni area ho pubblicato degli esercizi raccolti negli anni precedenti e dal web per chi volesse prenderne spunto.

Auguro a tutti buone vacanze, e spero che il mio lavoro possa essere di spunto o utile a qualcuno l’anno prossimo.

Migliora il tuo modo di insegnare chiedendo un feedback

feedbackAmmetto che può essere terrificante scoprire cosa gli altri pensano di te.. Gli studenti in particolare. Finché non chiedi un feedback puoi pensare che tutto vada per il meglio, ma nel momento in cui chiedi: “Cosa pensi di….?”, possono venire fuori problematiche inaspettate che mettono ti un po’ in crisi. E quindi è molto difficile farlo.

Perché allora chiedere un feedback se si rischia di farsi del male? Per un sacco di ottimi motivi!

Perché il feedback è importante

I ragazzi saranno piacevolmente sorpresi dal tuo interessamento e, soprattutto se all’inizio il feedback sarà chiesto in modo anonimo, cominceranno ad aprirsi e ti daranno degli spunti che ti aiuteranno a capire quello che funziona e quello che non funziona.

Per esempio puoi scoprire che un determinato argomento che pensavi difficile è invece facile e che  un altro che ritenevi noioso stuzzica la loro curiosità e può essere approfondito. Qualcuno poi potrebbe portare nuove idee per rendere la lezione più appassionante e proficua anche traendo spunto dalle lezioni di qualche altro docente.

Inoltre, passato lo shock iniziale, sarà rilassante sapere quali sono i nostri punti di forza e di debolezza. Saranno per lo meno conosciuti e potrai farci qualcosa.
Le opinioni degli altri esistono comunque, anche se non sono espresse. In più una volta che sono espresse molto più difficilmente possono essere utilizzate come pettegolezzo quando meno ce l’aspettiamo.

Come chiedere un feedback

Chiedere un feedback è molto semplice. La tecnologia oggi ci dà un grande aiuto. E’ sufficiente ad esempio creare un questionario online con Google ed inviare a tutti i ragazzi il link alla pagina dove è pubblicato. I risultati arriveranno raccolti in una comoda tabella e potranno essere consultati con calma.

Cerca sempre di porre delle domande precise in modo da avere delle risposte altrettanto precise. Ad esempio, piuttosto che “Come ti sembra la lezione?”, puoi chiedere “Pensi che il materiale fornito sia sufficiente? Come pensi potrebbe essere migliorato?”. In ogni caso con il tempo anche i questionari saranno sempre più precisi nell’ottenere risposte più interessanti. Come sempre è più importante cominciare che sforzarsi di fare una cosa perfetta.

Conclusioni?

Chissà! Magari anche un solo questionario può ispirare altri docenti a chiedere feedback. Oltre a migliorare la didattica può insegnare ai ragazzi che hanno la possibilità di esprimere la loro opinione in libertà e che la loro opinione conta per migliorare le cose. Magari quando usciranno dalla scuola avranno imparato a chiedere a loro volta dei feedback per migliorare il proprio lavoro. Qualunque lavoro sia.

Ora la palla a voi: avete mai provato a chiedere dei feedback? Avete imparato qualcosa dall’esperienza? Inviatemi pure commenti e suggerimenti!

Allego un esempio di questionario assegnato ai ragazzi.Se provate anche a compilarlo a caso potete vedere come vengono mostrati i risultati. 

Allego inoltre un video simpatico che mostra come creare un questionario con Google Doc. Ora Google Doc si chiama Google Drive ma il funzionamento è molto simile.

Riferimenti: Learn by embracing the pain and asking for feedback

 

Studenti felici di essere interrogati? Interrogazione capovolta!

Interrogare direttamente alla prima lezione in cui si spiega un argomento, facendo in modo che siano gli stessi ragazzi a offrirsi volontariamente, con un coro di ‘Io!’, ‘Io!’, ‘ Io!’. E’ possibile?

Prima di Natale ho realizzato due video, per spiegare due argomenti di informatica piuttosto tecnici di cui non avevo ancora parlato a lezione. Sì! Con l’interrogazione capovolta!
Al rientro dalle vacanze, da una rapida indagine ho verificato che più della metà dei ragazzi avevano guardato quei video. Quindi, prima ancora che cominciassi a spiegare il nuovo argomento, più di metà classe ne aveva già sentito parlare e alcuni l’avevano ben capito.

Lo stimolo aggiuntivo per guardare i video, oltre al compito imminente di cui avevo allegato un facsimile ai video, è stata la promessa che avrei dato un bel voto a chi fosse riuscito a spiegare i due argomenti in classe.

Così, dopo le vacanze di Natale, c’è stato un coro di: “Voglio spiegarlo io!”, invece del prevedibile silenzio alla classica domanda: “C’è qualcuno che si offre?”.
I ragazzi si sono fatti avanti per spiegare l’argomento con il mio supporto, nel caso ci fossero da fare delle premesse che nel video non erano spiegate, oppure nel caso ci fossero dei passaggi complessi in cui faticavano ad essere chiari.

Risultato dell’esperimento? Decisamente positivo! Su due argomenti nuovi posti in tre classi, si sono verificati sei casi:

  • in un caso gli studenti si sono arresi e ho spiegato come fosse una normale lezione;
  • in due casi l’argomento è stato spiegato così così, e sono intervenuto per correggere il tiro;
  • in altri due casi l’argomento è stato spiegato molto bene e non c’è stato quasi bisogno di intervenire;
  • in un caso un ragazzo ha mostrato addirittura un sistema più semplice di quello che avevo proposto, perché dopo aver visto il video ha deciso di verificare se c’era un metodo risolutivo più semplice su internet. Così il sistema è stato aggiunto alle possibili soluzioni del problema.

Insomma… 6 casi non fanno ancora una statistica, ma i risultati incoraggianti mi invogliano a riprovare anche con il prossimo argomento. Dopo tutto è bello avere ragazzi felici ed attenti durante l’interrogazione, anche se si trattava di interrogazioni il cui scopo era quello di spiegare “al contrario”. Inoltre, i video sono là, su Youtube, sempre disponibili. E, quando serve, gli studenti li possono rivedere in soli 10 minuti. E’ come se avessero il loro prof sempre a portata di mano! I video realizzati sono disponibili su questa pagina.

Flipped Teaching – Insegnamento Capovolto

Talvolta capita di affrontare in classe un argomento complesso che richiede una spiegazione accurata da parte del docente. Durante la spiegazione non è raro che ci sia un’asimmetria di apprendimento con alcuni ragazzi che capiscono velocemente e poi si annoiano e altri che richiedono che l’argomento sia spiegato più e più volte. Inoltre è possibile che nonostante siano tutti convinti di avere capito poi alcuni scoprano che la loro comprensione era stata superficiale costringendo il docente a riprendere l’argomento anche diversi giorni dopo quando era già stato dato per assodato.

L’idea dell’insegnamento capovolto (Flipped Teaching in inglese) è quella di fornire allo studente tutti gli strumenti in modo che possa apprendere a casa invece che a scuola e si possano quindi investire le ore di lezione nel risolvere i problemi più complessi e per lasciare i ragazzi interagire ed aiutarsi tra di loro. Lo studente più bravo potrà limitarsi a studiare il materiale una volta e quello meno bravo potrà studiarlo autonomamente più e più volte.

I tutorial video sono lo strumento più adatto per questo tipo di didattica in quanto, unendo audio e video, permettono di apprendere nel modo più veloce ed efficace possibile. In mancanza dei video si possono utilizzare tutte le fonti possibili quali il libro di testo, le presentazioni, i siti web, ecc… E’ compito dell’insegnate fornire la lista del materiale da utilizzare e soprattutto assicurarsi che questo sia di qualità. Su youtube è sempre più probabile trovare un video adatto a quello che dobbiamo spiegare ma nel caso che non ci sia possiamo crearne uno aiutandoci con un programma gratuito come Camstudio. Qui potete trovare un video in inglese che spiega come utilizzarlo. Se invece volete altri tutorial su come realizzare dei buoni video potete guardate i tutorial di Camtasia, software a pagamento.

Una volta che gli studenti abbiano tutti gli strumenti per potere studiare in modo autonomo la chiave sarà dare loro un compito per il quale abbia senso studiare e per questo ci può venire incontro la progettazione per competenze. L’insegnamento capovolto consente quindi all’insegnante di assumere un ruolo di guida piuttosto che quello di un dispensatore di fatti e i ragazzi diventano elementi attivi dell’apprendimento piuttosto che un passivo ricettacolo di informazioni.

Perché funziona per motivare lo studente? Perché la motivazione umana dipende sempre da due spinte contrapposte: da un lato l’espressione di se stessi facendo le cose a proprio modo e con i propri tempi e dall’altro la possibilità di fare qualcosa perché sia utile per se stessi e per gli altri. Il compito del docente è anche quello di insegnare ai ragazzi ad esprimersi, guidandoli nelle difficoltà e dando loro un motivo per fare le cose. Flipped teaching è un altro passo verso questo importante obiettivo.

Bibliografia: