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Si può insegnare la democrazia a scuola?

Italia repubblica democratica

“E così ragazzi questo è il primo articolo della costituzione: L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione. Che ne pensate?”

Uno studente alza la mano per rispondere.

“Bene, abbiamo un volontario. Cosa ne pensi dunque?”

“Non credo che a scuola si possa parlare di queste cose.”

“In che senso?”

“Nel senso che Lei può insegnare la democrazia come un fumatore può insegnare, mentre sta fumando, a smettere di fumare”

Il professore appare un po’ contrariato, un po’ per la risposta e un po’ per il tono della risposta e sta quasi per prendersela: “Ti sembra il modo…”

“Mi scusi professore per il tono, però ogni tanto il tono ci vuole. Credo. La Rivoluzione francese non si sarebbe potuta fare se i contadini non avessero preso le armi e avessero solo mandato un messaggero. Così il mio tono è il messaggero per annunciare un messaggio che comunque porta con sé un senso di sofferenza non tanto contro di Lei ma contro il sistema in cui siamo immersi. Posso spiegarle meglio…”

“Va bene, spiegaci cosa intendi”

“Quello che intendo è che la scuola è organizzata in modo gerarchico e assomiglia più ad un apparato militare della Prima Guerra Mondiale che ad un apparato democratico. Noi studenti, come i soldati, dobbiamo obbedire agli ordini ed eseguire i compiti. Voi professori, allo stesso modo, dovete eseguire i compiti di chi è sopra di voi che spesso decide cosa ci dovete insegnare. Se noi non siamo interessati a quello che ci insegnate allora vi arrabbiate. Se anche parliamo del problema amichevolmente la risposta classica è: mi dispiace, questi sono gli argomenti e non possiamo fare qualcosa di diverso per ognuno.
Però mi chiedo allora quanto sia contraddittoria la scuola che si prefigge di forgiare nelle menti lo spirito critico e nello stesso tempo lo vieta perché lo spirito critico porterebbe anche a mettere in discussione la struttura stessa della scuola.
Credo che la scuola dovrebbe invece dare la possibilità di esprimere se stessi e la propria individualità e questo, le chiedo, è fattibile in una struttura che, per come è fatta, insegna il contrario?
Non ci resta che attendere che sia finita la quinta superiore per potere cominciare a vivere. E dopo quel momento temo sarà complicato perché dovremo sia trovare un lavoro per mantenerci che cercare di risvegliare, con pazienza, le nostre passioni.
Insomma, anche se la scuola, è vero, fornisce cultura e molti strumenti per lavorare, è come se ci uccidesse un po’ giorno per giorno.”

Lo studente continua.

“Ecco perché, secondo me, non si può parlare di democrazia a scuola se non discutendo su come si potrebbe cambiarla per trasformarla veramente in una democrazia. Lei che ne pensa? Cominciamo?”

 

Al tuo servizio

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Quando insegniamo spesso ci rifacciamo a qualche metodologia che conosciamo, sia essa la lezione frontale, il lavoro collaborativo o la didattica capovolta. Altre volte la metodologia non ha un nome: vediamo qualcosa che per gli altri ha funzionato ed ha avuto successo e decidiamo di provarlo. Che manchi qualcosa?

In questi casi partiamo da un modello e lo applichiamo, dando per scontato che vada bene perché se ha funzionato altre volte, o per altri, non può che funzionare ancora. Ricordo diversi consigli di classe in cui qualche docente accusava una classe di essere particolarmente lavativa perché “ha 9 classi, spiega a tutte la stessa cosa e quella è l’unica che non capisca nulla. Non può essere che colpa loro!”. Se ci riflettiamo però siamo tutti diversi e quindi anche ogni classe è diversa. Se provassimo quindi a fare l’opposto? Se partissimo da una domanda invece che da una soluzione?

La domanda è molto semplice e si può utilizzare sempre, sia che si torni a casa scornati perché qualcosa è andato storto, sia che siamo felici perché invece è andato tutto bene: “Cosa posso fare adesso per loro?

Il bello è che la risposta non segue nessuna metodologia e nello stesso tempo sfrutta tutto quello che conosciamo! Potrebbe servire un’ora di riepilogo perché sembra si siano persi qualcosa, o un’ora di svago perché sono stati bravi e hanno dato del loro meglio. Potrebbe servire del materiale diverso perché hanno delle difficoltà a studiare. Potrebbe servire una verifica perché è importante che imparino delle nozioni o un compito autentico per lavorare sulle competenze. Potrebbero avere bisogno di maggior rigore e scadenze più ravvicinate per imparare un po’ di disciplina o di maggior tempo per sviluppare la loro fantasia e le loro intuizioni. Potrebbe anche venirci in mente qualcosa che non c’entra nulla con la nostra materia che però in quel momento ci sembra importante per loro. Potrebbero esserci cinque persone che devono recuperare e si potrebbe pensare a come fare in modo che gli altri gli diano una mano per aiutarsi gli uni con gli altri. Potrebbe servirgli un video di ripasso o un esercizio particolare per approfondire un argomento. O anche potremmo volere chiedere a loro se hanno voglia di imparare qualcosa in particolare.

La cosa interessante, e a volte un po’ magica e che immagino che anche a voi sia capitata più volte, è che nel momento in cui ci domandiamo qualcosa… da qualche parte arrivano le risposte. A volte sfogliamo un libro e scopriamo un esercizio che fa al caso nostro, leggiamo un post su internet che è proprio quello che fa per noi o semplicemente ci viene un’idea.

Così se creiamo le lezioni in base a quello può servirgli, le lezioni diventano più interessanti e personalizzate. Diverse da classe a classe e da docente a docente. Questo non implica dovere preparare per forza materiali diversi per ogni classe ma attingere in modo diverso a quello che abbiamo.

In più, insegnandogli che è importante andare incontro ai loro bisogni oltre che imparare conoscenze e competenze, gli trasmettiamo anche l’idea che il lavoro è un servizio. Un servizio per gli altri nel quale possiamo utilizzare tutte le nostre qualità, conoscenze, abilità, competenze e tutti gli spunti e le idee che ci vengono.

Insomma, ci vuole un po’ di coraggio per provare, ma quello che si ottiene è dinamico, divertente e ci permette di accompagnare tutte le classi ad imparare nella modalità che è più utile per loro. Solo un’avvertenza: nel momento in cui pensate che anche questa sia diventata una procedura, lasciate perdere il tutto e sperimentate qualcosa altro.

Intervista sulla Classe Capovolta

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Può capitare di leggere della classe capovolta e di domandarsi: ma può veramente funzionare? Abbiamo chiesto al Maurizio Maglioni come è cambiata la sua didattica. Puoi valutare tu stesso se la sua esperienza può darti qualcosa.

Buongiorno Professor Maglioni!
Come era la sua esperienza di docente prima di capovolgere la didattica?

Prima di capovolgere lavoravo in una scuola con le LIM in tutte le aule. Usavo molto gli audiovisivi nelle mie lezioni ed addestravo i miei alunni ad usarli nello studio a casa. Insegnavo ad usare in particolare Powerpoint. I ragazzi dovevano prepararsi alle verifiche orali creando dei ppt che mi inviavano per la correzione. Poi in classe esponevano le relazioni mostrando le slide di loro creazione.

Tre anni fa fui trasferito in una scuola completamente priva di LIM. Avrei dovuto ricominciare con il gesso e la lavagna. Mi accorsi, però, che i miei alunni avevano tutti uno smartphone in tasca. Scoprii la flipped classroom di Bergman e Sams e me ne innamorai.

Cosa è cambiato ora?

Ora è cambiato tutto: ho messo in un sito tutti i contenuti da utilizzare a casa ogni settimana e le attività da svolgere in classe. Queste ultime sono descritte con precisione in modo che sia chiaro anche lo strumento di valutazione di ognuna di esse.

I ragazzi sono soddisfatti perché ho abolito le interrogazioni ma ogni giorno essi ricevono un voto o un punteggio che valuta il loro impegno nell’ora di chimica. Inoltre si lavora quasi sempre in coppia o a gruppi di tre in modo da favorire l’aiuto reciproco.

Può farci un esempio di lezione includendo link e materiali?

Il compito seguente l’ho assegnato nelle mie classi seconde in questo mese:

Scrivi una breve relazione da presentare alla classe che contenga le seguenti spiegazioni sul tabagismo:

  1. Qual è la funzione della nicotina nel tabacco?
  2. Qual è il gas più tossico tra quelli presenti nel fumo di sigaretta?
  3.   Perché il catrame si ferma nei polmoni?
  4. Per quale motivo il tabagismo accorcia la vita media delle persone?
  5. In media di quanto accorcia la vita il tabagismo?

Puoi aiutarti  leggendo questo testo sul tabagismo http://www.my-personaltrainer.it/salute/nicotina.html e vedendo il seguente filmato: http://youtu.be/jBoa42ZyPus.

La relazione sarà oggetto di presentazione alla classe nell’ora successiva. Ricorda di citare i siti dai quali ti informi e verifica che siano imparziali.

Che risultati ha ottenuto con i tuoi alunni?

I risultati sono oltre le aspettative: in una mia classe prima ITIS, dove il consiglio di classe aveva accettato di adottare parzialmente e solo in qualche materia l’apprendimento capovolto, abbiamo avuto la totalità dei promossi a giugno con la sola eccezione di due ragazzi che avevano più del 25% di assenze.

Che problemi ha risolto con la didattica capovolta?

Ho risolto tanti problemi: l’interesse e la motivazione degli studenti, la possibilità di allargare a tutti gli strumenti compensativi per i DSA, la possibilità di recupero per gli assenti o per chi resta indietro, la possibilità di assegnare compiti sfidanti ai più dotati. Ma la cosa più importante è che si colma la distanza con il mondo reale: si lavora in classe su compiti autentici, non si studiano orbitali molecolari teorici ed alle volte gli stessi miei studenti mi insegnano gli ultimi ritrovati della chimica nei farmaci, nella cosmetica o nelle materie plastiche.

Che strumenti ha utilizzato?

Lo strumento più importante per me è il cooperative learning perché consente di ottenere risultati di apprendimento qualitativamente e quantitativamente migliori. Penso inoltre che sia uno strumento non solo utile ma, direi, indispensabile per la spinta emotiva ed educativa che promuove nei ragazzi. Credo che non ci sia niente di più culturalmente affascinante dell’imparare a vivere l’amicizia usando la condivisione come “arma di costruzione di massa”.

 Grazie professor Maglioni!

Noi ci salutiamo in attesa della prossima intervista! 🙂

Oggi parlo io!

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Quando si parla di scuola vengono quasi sempre prese in considerazione le opinioni degli adulti, siano essi insegnanti, genitori, giornalisti, persone che ricoprono una carica pubblica o altri soggetti ancora.

I veri protagonisti della scuola, però, sono gli studenti. Perché, allora, non viene quasi mai chiesto loro cosa pensano di questo “mondo”?

Per conoscere e capire i pareri di chi, questa realtà, la vive ogni giorno, ho preparato delle domande da porre, appunto, ad alcuni studenti, scegliendo ragazzi e ragazze che frequentano scuole differenti in diverse città.

Quando è stato loro proposto di rispondere a queste domande, tutti si sono dimostrati sorpresi, e molti di loro hanno confessato di essere un po’ in difficoltà poiché non abituati a parlare della scuola. Nonostante questo erano entusiasti di poter dire cosa pensano di un argomento che, a dispetto di tutto ciò che si può pensare, sta loro a cuore.

La prima domanda era: come ti piacerebbe fossero le lezioni?
Vediamo cosa pensano gli studenti riguardo a questo argomento:

  • Le lezioni dovrebbero essere strutturate in modo tale che ci possa essere uno scambio di opinioni tra studenti e insegnanti, perché ognuno ha qualcosa da imparare dall’altro;
  • La spiegazione non dovrebbe essere una semplice ripetizione del libro, ma gli insegnanti dovrebbero fare anche dei discorsi personali;
  • Durante le lezioni ci dovrebbero essere degli esempi pratici, che possano essere collegati con il mondo reale e che siano anche uno spunto per delle riflessioni;
  • Le ore in classe dovrebbero essere più organizzate per non perdere del tempo che potrebbe essere prezioso;
  • Le spiegazioni dovrebbero coinvolgere la classe con domande e/o suggerimenti;
  • Gli insegnanti dovrebbero rendere la spiegazione simile a una storia, e raccontarla in modo tale che chi ascolta possa imparare senza annoiarsi.

Dopodiché è stato chiesto loro se a scuola si distraggono. Tutti gli studenti intervistati hanno risposto in maniera affermativa, motivando le loro risposte.
Ecco, quindi, per quali motivi in classe c’è chi si distrae:

  • La lezione sta diventando noiosa e pesante, e non c’è nulla che motivi la concentrazione;
  • La distrazione a volte è dovuta alla stanchezza, soprattutto se sono le ultime ore;
  • Il motivo a volte è semplice: gli studenti trovano qualcos’altro che li impegna;
  • Gli insegnanti fanno una pura lezione frontale, quindi lo studente non si sente coinvolto;
  • A volte la distrazione è causata dalla presenza di pensieri di vario tipo, anche esterni all’ambiente scolastico.

Il terzo quesito si collegava al precedente: gli studenti, infatti, dovevano dire come, secondo loro, deve comportarsi un insegnante per stimolare l’attenzione della classe.
L’insegnante “ideale” dovrebbe:

  • Fare riferimenti alla realtà, così la lezione può diventare più interessante;
  • Raccontare delle esperienze personali che possono essere utili agli studenti;
  • Mettere gli argomenti, soprattutto i più difficili, sotto una luce diversa, tenendo un tono attivo, forte, squillante;
  • A volte, concedere delle pause, soprattutto se gli argomenti sono difficili e pesanti;
  • Ricordare che è stato a sua volta su quei banchi e quindi cercare di capire di più gli studenti;
  • Interagire con la classe;
  • Comportarsi umanamente, senza creare ansia inutile;
  • Non mirare a portare a termine il programma a tutti i costi, ma, piuttosto, dare a tutti il tempo di capire le cose;
  • Aiutare chi è più in difficoltà.

Il quarto punto dell’intervista domandava cosa si dovrebbe cambiare della scuola attuale.
Questa è stata la domanda in cui si sono presentate maggiori difficoltà: all’inizio, infatti, gli studenti si sono mostrati disorientati. Dopo una riflessione, però, sono emerse molte problematiche, come:

  • La necessità di cambiare i metodi di giudizio. Molti professori, secondo gli studenti, tendono a dare voti alti o voti bassi a seconda del loro umore. Dovrebbe esserci una “scaletta di giudizio” unica che possa rendere giustizia ai ragazzi e possa aiutare i professori a giudicarli in modo oggettivo.
  • Il comportamento dei professori, i quali dovrebbero rendere la lezione più tranquilla ponendosi in modo calmo e comprensivo, soprattutto durante le interrogazioni, aiutando i ragazzi a sconfiggere l’ansia e le preoccupazioni.
  • La mancanza di accordi tra alunni e insegnanti per fissare i compiti e le interrogazioni. Secondo gli studenti si dovrebbero accettare volontari, organizzare delle interrogazioni programmate e, inoltre, evitare di appesantire troppo alcuni giorni della settimana.
  • I programmi scolastici, poiché alcuni di questi, ora puramente teorici, dovrebbero prevedere anche della parte pratica.

All’ultima domanda i ragazzi dovevano esporre le loro aspettative.
Gli studenti vorrebbero che la scuola:

  • Fosse valorizzata di più, perché si parla sempre più spesso di una scuola senza educazione, senza principi. Invece, per gli studenti, la scuola ha grande importanza;
  • Portasse a raggiungere la maturità sia in campo scolastico che extrascolastico;
  • Fosse un aiuto per prepararsi per il futuro e per inserirsi nel mondo che ci sarà dopo di essa;
  • Parlasse di realtà, di fatti concreti;
  • Preparasse alla vita vera, ed educasse a superare vari problemi che si potrebbero incontrare;
  • Aprisse una finestra verso il futuro, offrendo speranza.

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In conclusione, ciò che gli studenti desiderano è una scuola dove loro sono al centro, circondati da insegnanti a cui dare fiducia, che trasmettano serenità e coi quali sia possibile comunicare. Ciò che chiedono è una scuola giusta, che funzioni, che parli di realtà, che li prepari per il futuro, che insegni tanto in maniera coinvolgente e divertente, senza annoiare mai.
Certo, questi sono dei desideri ambiziosi ma, con un po’ di aiuto reciproco, anche raggiungibili. E allora perché non provare a realizzarli davvero?

 

“Non desideriamo cose facili. Desideriamo cose grandi, cose ambiziose, fuori portata. Esprimiamo desideri perché abbiamo bisogno di aiuto e abbiamo paura, e sappiamo di chiedere troppo, però continuiamo a esprimere desideri perché qualche volta si avverano.” [Grey’s Anatomy, quinta stagione, episodio 11]

Migliora il tuo modo di insegnare chiedendo un feedback

feedbackAmmetto che può essere terrificante scoprire cosa gli altri pensano di te.. Gli studenti in particolare. Finché non chiedi un feedback puoi pensare che tutto vada per il meglio, ma nel momento in cui chiedi: “Cosa pensi di….?”, possono venire fuori problematiche inaspettate che mettono ti un po’ in crisi. E quindi è molto difficile farlo.

Perché allora chiedere un feedback se si rischia di farsi del male? Per un sacco di ottimi motivi!

Perché il feedback è importante

I ragazzi saranno piacevolmente sorpresi dal tuo interessamento e, soprattutto se all’inizio il feedback sarà chiesto in modo anonimo, cominceranno ad aprirsi e ti daranno degli spunti che ti aiuteranno a capire quello che funziona e quello che non funziona.

Per esempio puoi scoprire che un determinato argomento che pensavi difficile è invece facile e che  un altro che ritenevi noioso stuzzica la loro curiosità e può essere approfondito. Qualcuno poi potrebbe portare nuove idee per rendere la lezione più appassionante e proficua anche traendo spunto dalle lezioni di qualche altro docente.

Inoltre, passato lo shock iniziale, sarà rilassante sapere quali sono i nostri punti di forza e di debolezza. Saranno per lo meno conosciuti e potrai farci qualcosa.
Le opinioni degli altri esistono comunque, anche se non sono espresse. In più una volta che sono espresse molto più difficilmente possono essere utilizzate come pettegolezzo quando meno ce l’aspettiamo.

Come chiedere un feedback

Chiedere un feedback è molto semplice. La tecnologia oggi ci dà un grande aiuto. E’ sufficiente ad esempio creare un questionario online con Google ed inviare a tutti i ragazzi il link alla pagina dove è pubblicato. I risultati arriveranno raccolti in una comoda tabella e potranno essere consultati con calma.

Cerca sempre di porre delle domande precise in modo da avere delle risposte altrettanto precise. Ad esempio, piuttosto che “Come ti sembra la lezione?”, puoi chiedere “Pensi che il materiale fornito sia sufficiente? Come pensi potrebbe essere migliorato?”. In ogni caso con il tempo anche i questionari saranno sempre più precisi nell’ottenere risposte più interessanti. Come sempre è più importante cominciare che sforzarsi di fare una cosa perfetta.

Conclusioni?

Chissà! Magari anche un solo questionario può ispirare altri docenti a chiedere feedback. Oltre a migliorare la didattica può insegnare ai ragazzi che hanno la possibilità di esprimere la loro opinione in libertà e che la loro opinione conta per migliorare le cose. Magari quando usciranno dalla scuola avranno imparato a chiedere a loro volta dei feedback per migliorare il proprio lavoro. Qualunque lavoro sia.

Ora la palla a voi: avete mai provato a chiedere dei feedback? Avete imparato qualcosa dall’esperienza? Inviatemi pure commenti e suggerimenti!

Allego un esempio di questionario assegnato ai ragazzi.Se provate anche a compilarlo a caso potete vedere come vengono mostrati i risultati. 

Allego inoltre un video simpatico che mostra come creare un questionario con Google Doc. Ora Google Doc si chiama Google Drive ma il funzionamento è molto simile.

Riferimenti: Learn by embracing the pain and asking for feedback