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Oggi parlo io!

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Quando si parla di scuola vengono quasi sempre prese in considerazione le opinioni degli adulti, siano essi insegnanti, genitori, giornalisti, persone che ricoprono una carica pubblica o altri soggetti ancora.

I veri protagonisti della scuola, però, sono gli studenti. Perché, allora, non viene quasi mai chiesto loro cosa pensano di questo “mondo”?

Per conoscere e capire i pareri di chi, questa realtà, la vive ogni giorno, ho preparato delle domande da porre, appunto, ad alcuni studenti, scegliendo ragazzi e ragazze che frequentano scuole differenti in diverse città.

Quando è stato loro proposto di rispondere a queste domande, tutti si sono dimostrati sorpresi, e molti di loro hanno confessato di essere un po’ in difficoltà poiché non abituati a parlare della scuola. Nonostante questo erano entusiasti di poter dire cosa pensano di un argomento che, a dispetto di tutto ciò che si può pensare, sta loro a cuore.

La prima domanda era: come ti piacerebbe fossero le lezioni?
Vediamo cosa pensano gli studenti riguardo a questo argomento:

  • Le lezioni dovrebbero essere strutturate in modo tale che ci possa essere uno scambio di opinioni tra studenti e insegnanti, perché ognuno ha qualcosa da imparare dall’altro;
  • La spiegazione non dovrebbe essere una semplice ripetizione del libro, ma gli insegnanti dovrebbero fare anche dei discorsi personali;
  • Durante le lezioni ci dovrebbero essere degli esempi pratici, che possano essere collegati con il mondo reale e che siano anche uno spunto per delle riflessioni;
  • Le ore in classe dovrebbero essere più organizzate per non perdere del tempo che potrebbe essere prezioso;
  • Le spiegazioni dovrebbero coinvolgere la classe con domande e/o suggerimenti;
  • Gli insegnanti dovrebbero rendere la spiegazione simile a una storia, e raccontarla in modo tale che chi ascolta possa imparare senza annoiarsi.

Dopodiché è stato chiesto loro se a scuola si distraggono. Tutti gli studenti intervistati hanno risposto in maniera affermativa, motivando le loro risposte.
Ecco, quindi, per quali motivi in classe c’è chi si distrae:

  • La lezione sta diventando noiosa e pesante, e non c’è nulla che motivi la concentrazione;
  • La distrazione a volte è dovuta alla stanchezza, soprattutto se sono le ultime ore;
  • Il motivo a volte è semplice: gli studenti trovano qualcos’altro che li impegna;
  • Gli insegnanti fanno una pura lezione frontale, quindi lo studente non si sente coinvolto;
  • A volte la distrazione è causata dalla presenza di pensieri di vario tipo, anche esterni all’ambiente scolastico.

Il terzo quesito si collegava al precedente: gli studenti, infatti, dovevano dire come, secondo loro, deve comportarsi un insegnante per stimolare l’attenzione della classe.
L’insegnante “ideale” dovrebbe:

  • Fare riferimenti alla realtà, così la lezione può diventare più interessante;
  • Raccontare delle esperienze personali che possono essere utili agli studenti;
  • Mettere gli argomenti, soprattutto i più difficili, sotto una luce diversa, tenendo un tono attivo, forte, squillante;
  • A volte, concedere delle pause, soprattutto se gli argomenti sono difficili e pesanti;
  • Ricordare che è stato a sua volta su quei banchi e quindi cercare di capire di più gli studenti;
  • Interagire con la classe;
  • Comportarsi umanamente, senza creare ansia inutile;
  • Non mirare a portare a termine il programma a tutti i costi, ma, piuttosto, dare a tutti il tempo di capire le cose;
  • Aiutare chi è più in difficoltà.

Il quarto punto dell’intervista domandava cosa si dovrebbe cambiare della scuola attuale.
Questa è stata la domanda in cui si sono presentate maggiori difficoltà: all’inizio, infatti, gli studenti si sono mostrati disorientati. Dopo una riflessione, però, sono emerse molte problematiche, come:

  • La necessità di cambiare i metodi di giudizio. Molti professori, secondo gli studenti, tendono a dare voti alti o voti bassi a seconda del loro umore. Dovrebbe esserci una “scaletta di giudizio” unica che possa rendere giustizia ai ragazzi e possa aiutare i professori a giudicarli in modo oggettivo.
  • Il comportamento dei professori, i quali dovrebbero rendere la lezione più tranquilla ponendosi in modo calmo e comprensivo, soprattutto durante le interrogazioni, aiutando i ragazzi a sconfiggere l’ansia e le preoccupazioni.
  • La mancanza di accordi tra alunni e insegnanti per fissare i compiti e le interrogazioni. Secondo gli studenti si dovrebbero accettare volontari, organizzare delle interrogazioni programmate e, inoltre, evitare di appesantire troppo alcuni giorni della settimana.
  • I programmi scolastici, poiché alcuni di questi, ora puramente teorici, dovrebbero prevedere anche della parte pratica.

All’ultima domanda i ragazzi dovevano esporre le loro aspettative.
Gli studenti vorrebbero che la scuola:

  • Fosse valorizzata di più, perché si parla sempre più spesso di una scuola senza educazione, senza principi. Invece, per gli studenti, la scuola ha grande importanza;
  • Portasse a raggiungere la maturità sia in campo scolastico che extrascolastico;
  • Fosse un aiuto per prepararsi per il futuro e per inserirsi nel mondo che ci sarà dopo di essa;
  • Parlasse di realtà, di fatti concreti;
  • Preparasse alla vita vera, ed educasse a superare vari problemi che si potrebbero incontrare;
  • Aprisse una finestra verso il futuro, offrendo speranza.

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In conclusione, ciò che gli studenti desiderano è una scuola dove loro sono al centro, circondati da insegnanti a cui dare fiducia, che trasmettano serenità e coi quali sia possibile comunicare. Ciò che chiedono è una scuola giusta, che funzioni, che parli di realtà, che li prepari per il futuro, che insegni tanto in maniera coinvolgente e divertente, senza annoiare mai.
Certo, questi sono dei desideri ambiziosi ma, con un po’ di aiuto reciproco, anche raggiungibili. E allora perché non provare a realizzarli davvero?

 

“Non desideriamo cose facili. Desideriamo cose grandi, cose ambiziose, fuori portata. Esprimiamo desideri perché abbiamo bisogno di aiuto e abbiamo paura, e sappiamo di chiedere troppo, però continuiamo a esprimere desideri perché qualche volta si avverano.” [Grey’s Anatomy, quinta stagione, episodio 11]

All’interno dell’occupazione.

Il caldo che imperversa all’interno degli edifici dell’Istituto Tecnico Statale Einaudi di Montebelluna (TV), è quello diffuso dai corpi di studenti in piena occupazione. E’ il caldo che vortica slanciato dall’entusiasmo di attività come quelle organizzate dall’associazione no-profit Sballando Ballando, che si pone l’obiettivo di allontanare i giovani dal consumo di alcool e sostanze stupefacenti, proponendo loro l’alternativa della danza. E’ il caldo delle numerose assemblee che avranno luogo in questi tre giorni di ‘autogestione’, definizione preferita da Tommaso Quagliotto, rappresentante d’istituto.

E’ proprio con quest’ultimo che ho la possibilità di avere un confronto riguardo alle esigenze che hanno portato gli studenti ad occupare le aule dell’istituto. La necessità, in primis, è quella di essere maggiormente coinvolti all’interno delle dinamiche decisionali delle istituzioni scolastiche, soprattutto a fronte dei tagli applicati dal governo in materia di scuola pubblica. Un’ingiustizia a pieno titolo, considerati i finanziamenti, pari a 3 milioni di euro, stanziati in favore della scuola privata.

I nemici da contrastare, dunque, si conoscono. Resta da chiarire una questione spesso data per scontato, ovvero la questione di metodo. Perché si è deciso di sollevare la protesta passando attraverso l’occupazione? “Il rischio è che gli errori del passato vengano ripetuti in futuro”, spiega Tommaso. Gli errori a cui si riferisce sono quelli legati all’apatia degli studenti in merito a temi, come appunto il mondo della scuola, che in realtà li riguardano appieno. “Ma se dovessi ripetere l’ esperienza”, aggiunge, “cercherei l’appoggio dei docenti, in modo da organizzare delle lezioni che tocchino temi di una certa rilevanza sociale e politica”. Una proposta che andrebbe a segno solo nella circostanza in cui queste lezioni fossero distribuite lungo tutta la durata dell’anno scolastico. Una proposta che trova accoglimento tra gli studenti in protesta, se convertita nella loro richiesta di docenti più competenti ed informati e di metodi di insegnamento maggiormente innovativi.

“Perché non trasformare la lezione di storia in un laboratorio nel quale gruppi di alunni rappresentano le diverse nazioni in guerra tra di loro? Perché non trasformare la spiegazione della crisi del ’29 in un’occasione per comprendere la crisi attuale?”. Il manuale di testo, a quel punto, fungerebbe da sola linea guida per gli argomenti, ed inoltre in tal modo si renderebbe più facile l’integrazione tra materie diverse, come l’economia con la matematica e l’informatica con il disegno tecnico.

A proposito di integrazione, molto sentita tra i ragazzi è anche l’esigenza di arricchire l’esperienza scolastica con l’uso di strumenti tecnologici e social network.

Mi congedo da Tommaso, e nell’uscire dai locali dell’istituto vengo spinto qua e la da giovani che ballano nei corridoi. Mi convinco nuovamente che lo spirito da mettere in atto è proprio questo: lo studente al centro, il sentimento di gioco e di condivisione. Raggiunti questi obiettivi, l’occupazione non avrà più alcun motivo di esistere.

 

-Stefano Cazzaro-

Education 2.0: educazione ed innovazione a Firenze

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Scuola ed innovazione tecnologica: mai come oggi il legame tra questi due ambiti si è rivelato indispensabile. Si fonda su questo assunto l’iniziativa di Education 2.0, una community online sul mondo della scuola, nella quale gli attori dell’educazione e della formazione possono incontrarsi e condividere le proprie esperienze, attraverso l’invio di articoli e commenti.

Venerdì 26 ottobre 2012, al Palazzo Medici-Riccardi di Firenze, si è svolto il terzo convegno nazionale di Education 2.0, che anche quest’anno ha raccolto le idee e le pratiche innovative di scuole e docenti.

I lavori sono stati aperti da Luigi Berlinguer, che ha esortato gli insegnanti a porre maggiore attenzione all’innovazione educativa della scuola, dando risalto alla funzione centrale dell’apprendimento e debellando quella che l’eurodeputato ha definito “tecnofobia”, ovvero l’insensibilità dell’istituzione scolastica nei confronti della rivoluzione tecnologica oggi in corso.

“E’ un’idea di società questa, non solo di scuola”, sono queste le parole che hanno dato il via alla discussione tenutasi attorno alla tavola rotonda “Inclusione e integrazione”. Nello specifico, si è dibattuto riguardo alle modalità di inserimento nel contesto scolastico dei bambini affetti da disabilità, attraverso lo strumento delle nuove tecnologie. Sono stati presentati, a questo proposito, progetti di didattica domiciliare per bambini lungodegenti e iniziative di role playing, mirate ad “accompagnare le autonomie”, ovvero a far capire al bambino che il suo inserimento sociale è possibile.

Su toni diversi si è svolta la presentazione dei progetti nell’ambito “Professione docente: curricolo e trasversalità”. Qui i temi hanno spaziato dal protagonismo degli studenti nella scuola moderna alla continuità del curricolo dello studente, credenziale fondamentale per una formazione significativa. Non è mancata, inoltre, una ripresa dei concetti espressi da Luigi Berlinguer in mattinata, nello specifico in merito all’importanza dell’analisi del contesto all’interno del quale studenti e professori si devono muovere, in modo da dare senso alla varietà delle esperienze di ognuno degli attori coinvolti.

Da quest’ultimo tavolo di discussione, ma in generale dallo spirito del convegno, si è evinta l’importanza degli investimenti sulla formazione degli insegnanti, ma soprattutto dell’innovazione non in quanto mera sperimentazione, ma in quanto creazione di una rete che coinvolga tutti coloro che fanno parte degli ambienti scolastici.

-Stefano Cazzaro-