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Al tuo servizio

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Quando insegniamo spesso ci rifacciamo a qualche metodologia che conosciamo, sia essa la lezione frontale, il lavoro collaborativo o la didattica capovolta. Altre volte la metodologia non ha un nome: vediamo qualcosa che per gli altri ha funzionato ed ha avuto successo e decidiamo di provarlo. Che manchi qualcosa?

In questi casi partiamo da un modello e lo applichiamo, dando per scontato che vada bene perché se ha funzionato altre volte, o per altri, non può che funzionare ancora. Ricordo diversi consigli di classe in cui qualche docente accusava una classe di essere particolarmente lavativa perché “ha 9 classi, spiega a tutte la stessa cosa e quella è l’unica che non capisca nulla. Non può essere che colpa loro!”. Se ci riflettiamo però siamo tutti diversi e quindi anche ogni classe è diversa. Se provassimo quindi a fare l’opposto? Se partissimo da una domanda invece che da una soluzione?

La domanda è molto semplice e si può utilizzare sempre, sia che si torni a casa scornati perché qualcosa è andato storto, sia che siamo felici perché invece è andato tutto bene: “Cosa posso fare adesso per loro?

Il bello è che la risposta non segue nessuna metodologia e nello stesso tempo sfrutta tutto quello che conosciamo! Potrebbe servire un’ora di riepilogo perché sembra si siano persi qualcosa, o un’ora di svago perché sono stati bravi e hanno dato del loro meglio. Potrebbe servire del materiale diverso perché hanno delle difficoltà a studiare. Potrebbe servire una verifica perché è importante che imparino delle nozioni o un compito autentico per lavorare sulle competenze. Potrebbero avere bisogno di maggior rigore e scadenze più ravvicinate per imparare un po’ di disciplina o di maggior tempo per sviluppare la loro fantasia e le loro intuizioni. Potrebbe anche venirci in mente qualcosa che non c’entra nulla con la nostra materia che però in quel momento ci sembra importante per loro. Potrebbero esserci cinque persone che devono recuperare e si potrebbe pensare a come fare in modo che gli altri gli diano una mano per aiutarsi gli uni con gli altri. Potrebbe servirgli un video di ripasso o un esercizio particolare per approfondire un argomento. O anche potremmo volere chiedere a loro se hanno voglia di imparare qualcosa in particolare.

La cosa interessante, e a volte un po’ magica e che immagino che anche a voi sia capitata più volte, è che nel momento in cui ci domandiamo qualcosa… da qualche parte arrivano le risposte. A volte sfogliamo un libro e scopriamo un esercizio che fa al caso nostro, leggiamo un post su internet che è proprio quello che fa per noi o semplicemente ci viene un’idea.

Così se creiamo le lezioni in base a quello può servirgli, le lezioni diventano più interessanti e personalizzate. Diverse da classe a classe e da docente a docente. Questo non implica dovere preparare per forza materiali diversi per ogni classe ma attingere in modo diverso a quello che abbiamo.

In più, insegnandogli che è importante andare incontro ai loro bisogni oltre che imparare conoscenze e competenze, gli trasmettiamo anche l’idea che il lavoro è un servizio. Un servizio per gli altri nel quale possiamo utilizzare tutte le nostre qualità, conoscenze, abilità, competenze e tutti gli spunti e le idee che ci vengono.

Insomma, ci vuole un po’ di coraggio per provare, ma quello che si ottiene è dinamico, divertente e ci permette di accompagnare tutte le classi ad imparare nella modalità che è più utile per loro. Solo un’avvertenza: nel momento in cui pensate che anche questa sia diventata una procedura, lasciate perdere il tutto e sperimentate qualcosa altro.

Insegniamo competenze?

la classe capovolta
Alla scoperta di un nuovo mondo

Qualche giorno fa si è conclusa la Summer School della classe capovolta di Levico e mi sento di condividere un interessante spunto che è emerso durante uno degli interventi.

Ha detto il professor Maglioni di flipnet: “La più grande svolta per me è stata cambiare l’impostazione della mia didattica dallo spiegare la mia materia (chimica) a concentrarmi sull’insegnamento delle competenze sfruttando la mia materia. Così facendo i ragazzi si sono subito sentiti più coinvolti e partecipi e questo non ha impedito a loro di imparare la mia materia”.

Già di per sè il solo fatto di fare in modo che i ragazzi siano più motivati e interessati è un bel risultato, se poi i risultati in termini di apprendimento non subiscono riduzioni… allora forse è utile cercare di capire cosa intendesse, almeno per rifletterci su un po’.

Cosa vuol dire spostare il focus sulle competenze piuttosto che sugli argomenti? Prendiamo ad esempio un compito autentico da svolgere in classe su un argomento di chimica e chiediamo che i ragazzi risolvano in gruppo il seguente problema: “E’ più nutriente un panino di McDonald o una pizza?”

Questo problema, apparentemente semplice, richiede diverse conoscenze e competenze:

  • Conoscenza (o discussione in gruppo) sul concetto di “nutriente”
  • Scoperta degli ingredienti per calcolare le calorie
  • Comunicazione nella madrelingua, se ad esempio richiediamo che i componenti del gruppo espongano brevemente il loro risultato, magari alternandosi
  • Competenze matematiche per il calcolo degli ingredienti
  • Imparare ad imparare, facendo in modo che i ragazzi per svolgere il compito possano utilizzare i loro smartphone per cercare informazioni
  • Spirito di iniziativa e imprenditorialità, magari aggiungendo la domanda: “quale mangeresti?”

Per fare lavorare i ragazzi sulle competenze sopra elencate si aggiunge al problema una checklist creata ad hoc. La checklist rappresenta una guida per lo studente in modo che sappia sia cosa fare, sia come autovalutare il lavoro. Inoltre è la stessa che poi userà il docente per la valutazione. Potrebbe essere:

  • Avete lavorate bene in gruppo e ogni componente ha svolto il proprio compito?
  • Avete calcolato correttamente le calorie dei due prodotti?
  • Avete deciso il risultato finale e l’avete documentato?
  • Avete trascritto le fonti che avete usato per documentarvi?
  • Avete presentato il vostro lavoro in 5 minuti, alternandovi?

Il compito ora è aperto e tutto da risolvere! I ragazzi possono decidere il tipo di panino da confrontare, possono farne una media, possono scegliere il tipo di pizza, la sua dimensione, ecc… Discutendo del concetto di “nutriente” possono arrivare anche a diverse interpretazioni con risultati anche molto diversi tra loro, sempre restando dentro i confini della checklist che, come già detto, servirà da valutazione e da confronto al termine del lavoro.

E le conoscenze? Il compito autentico ne è ricco! Il significato di calorie, grassi, carboidrati, ecc… Quindi per svolgere il compito le conoscenze servono!

Però la valutazione va oltre, si focalizza sulle competenze e sul lavoro di gruppo e le conoscenze sembrano secondarie, anche se sono la base, e il compito diventa più interessante da svolgere perché più simile a qualcosa di reale. Un compito del tipo: “Scrivi le calorie di questo elenco di ingredienti”, molto probabilmente non sarebbe svolto con lo stesso interesse.

Le competenze, usate in questo modo con i compiti autentici, non sono un bel modo per impreziosire e arricchire la nostra didattica?

Riferimenti:

Il sito della summer school di Levico