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I BES, clamoroso insuccesso o opportunità?

Il Dio BES

Chi sono i ragazzi con Bisogni Educativi Speciali? Nella direttiva del 27 Dicembre 2012 si legge: “In ogni classe ci sono alunni che presentano una richiesta di speciale attenzione per una varietà di ragioni: svantaggio sociale e culturale, disturbi specifici di apprendimento e/o disturbi evolutivi specifici, difficoltà derivanti dalla non conoscenza della cultura e della lingua” e si deduce che “l’area dello svantaggio scolastico è molto più ampia di quella riferibile esplicitamente alla presenza di deficit”.

Per “disturbi evolutivi” si intendono, oltre i disturbi specifici dell’apprendimento, anche i deficit del linguaggio, delle abilità non verbali, della coordinazione motoria, dell’attenzione e dell’iperattività, compreso il funzionamento intellettivo limite.

Tutte queste differenti problematiche non prevedono la figura dell’insegnante di sostegno, ma una “presa in carico” dell’alunno con BES da parte di ciascun docente curricolare e di tutto il team di docenti coinvolto.

Teoricamente è un’ottima direttiva, che definisce anche gli strumenti per “prendersi cura” al meglio di ogni alunno speciale. Prevede, infatti, l’istituzione dei CTS (Centri Territoriali per il Supporto), che annualmente dovrebbero definire i PAI (Piani Annuali di Intervento) e aiutare i docenti e le scuole a definire il PDP (Piano Didattico Personalizzato) studente per studente. Ma anche se si riuscisse a mettere in piedi tutta l’organizzazione, con tutta la formazione, la pianificazione, il tempo e soprattutto il denaro che la normativa richiederebbe per essere attuata, l’insegnante si sobbarcherebbe un immenso lavoro extra. Come segnala giustamente Giorgio Israel nel suo blog, l’insegnante dovrebbe diventare:

  • Un assistente sociale;
  • Un valutatore e diagnosta delle problematiche di apprendimento dei ragazzi;
  • Una persona in grado di insegnare in modo differenziato a tutte le varie tipologie di BES;
  • Il responsabile dei problemi dei ragazzi, che possono anche facilmente approfittarne;

E contemporaneamente dovrebbe trovare il tempo per personalizzare la didattica per tutti i suoi studenti con Bisogni Educativi Speciali e non, e per correggere e valutare in modo diverso i loro compiti. Una Caporetto.

Proviamo però a considerare ciò che c’è di buono nella direttiva, cioè il fatto che le difficoltà di apprendimento dei ragazzi sono una realtà, e non possono essere ignorate completamente, La valutazione autentica come ci suggerisce la simpatica vignetta a fianco. La personalizzazione e l’individuazione della didattica personalizzata non sono una novità. Le caratteristiche individuali, al di là di qualsiasi etichetta diagnostica e/o svantaggi socio culturali, dovrebbero essere un principio guida per la definizione della didattica, ma la teoria a volte mal si concilia con la pratica.

Einstein era dislessico e ha imparato a leggere a 9 anni, ma questo non gli ha impedito di essere uno dei più grandi scienziati di sempre. Per lui la soluzione è stata lasciare la scuola. Ma poiché noi crediamo nella scuola, (ci crediamo, vero?) e crediamo che la scuola possa dare molto ai ragazzi è ancora più importante fare un passo nella direzione dei nostri piccoli futuri Einstein, supportandoli nella crescita da un lato e dandogli tutti gli strumenti per essere dei cittadini responsabili dall’altro. Come fare?

La direttiva ministeriale aggiunge, inoltre, che “…è sempre più urgente adottare una didattica che sia ‘denominatore comune’ per tutti gli alunni e che non lasci indietro nessuno: una didattica inclusiva più che una didattica speciale”.

Con la consapevolezza che ogni ragazzo ha un suo modo d’essere, sarebbe quindi bello riuscire ad avvicinarci alla didattica inclusiva:

  • Fornendo del materiale didattico il più semplice possibile, fruibile senza problemi anche da chi ha difficoltà nella lettura;
  • Dedicando più tempo ai ragazzi, in modo da supportare chi ha più bisogno senza annoiare chi è più bravo;
  • Fornire dei compiti diversificati e più coinvolgenti per gli studenti più bravi;

Una metodologia che va nella direzione della soluzione di questi problemi, e che promette anche molto di più, è l’insegnamento capovolto. L’insegnamento capovolto, o Flipped Teaching, prevede di utilizzare dei video, che i ragazzi guarderanno a casa, per sostituire o comunque diminuire il tempo dedicato alle lezioni frontali. Prevede inoltre di utilizzare il maggior tempo a disposizione in classe per lavorare al loro fianco nella realizzazione dei compiti/progetti. Questa metodologia permette di soddisfare i punti precedenti perché:

  • I video possono integrare testo, immagini e audio e rappresentano lo strumento più semplice e coinvolgente possibile per tutti i ragazzi. I ragazzi con difficoltà potranno guardarli più volte;
  • La visione dei video con le lezioni a casa permette di liberare tempo a lezione per svolgere gli esercizi a fianco dei ragazzi;
  • I ragazzi più bravi e interessati saranno quasi autonomi ed avranno la possibilità di impegnarsi in compiti più complessi, o di dare il loro supporto per aiutare i ragazzi meno dotati;

Oltre a soddisfare i punti precedenti,  l’insegnamento capovolto può essere facilmente integrato con altre nuove metodologie di insegnamento come l’Inquiry Learning, il Problem Based Learnig, la didattica per competenze, ecc… per creare dei compiti più coinvolgenti e interessanti.

In conclusione la consapevolezza che esistano i disturbi di apprendimento, certificati o meno, è molto utile per essere più comprensivi con i ragazzi, o almeno per introdurre un ragionevole dubbio nel legame imperante tra fa fatica a leggere = non ha voglia di studiare. Inoltre possiamo servirci dell’insegnamento capovolto per fornire a tutti i ragazzi degli strumenti più semplici per imparare, e per avere a disposizione più tempo per farli esercitare e appassionare alla materia che ci piace insegnare.

Se non avete mai provato una lezione capovolta, dedicate un paio d’ore a prepararne una. Provate utilizzando le infinite risorse gratuite disponibili in rete, o ispirandovi a quello che hanno già fatto i docenti che stanno sperimentando il metodo in Italia nelle discipline di Chimica, Latino, Informatica e Inglese. I vostri ragazzi impareranno e si divertiranno e, cosa ancora più importante, vi divertirete anche voi!

Anna Pia Marsico & Fabio Biscaro

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La direttiva ministeriale completa – BES – Direttiva Ministeriale 27 12 2012

PS: Se qualcuno si domanda cosa sia l’immagine in alto a destra la risposta è: Il Dio Bes!

5 minuti per fare diventare la tua lezione indimenticabile

cervello

Vi è mai capitato che una lezione, nonostante tutto il vostro impegno per renderla interessante e coinvolgente, si sia rivelata poco efficace? E partecipando invece ad un convegno in veste di ascoltatore, vi è mai capitato di perdervi punti importanti nonostante tutto il vostro impegno a seguire?

Anche nel caso in cui lo studente presti sempre la massima attenzione, e questo è più un sogno che una realtà, può capitare che perda qualcosa. Magari per il semplice fatto che non sa che alcune cose sono importanti o perché si distrae un attimo. Il problema è che al termine dell’ora chi perde qualcosa non è nemmeno in grado di sapere cosa si è perso.

Come si può risolvere questo problema? Magari rendendo anche la lezione più interessante? E senza oberarsi di altro lavoro visto che tra le mille cose da fare c’è sempre poco tempo a disposizione?

Una semplice soluzione è consegnare ai ragazzi prima della lezione un foglio di domande dove ogni domanda è pensata perché la risposta sia uno dei punti chiave.

Perché domande e non un elenco di punti? Perché una domanda crea curiosità e un possibile spazio per la risposta, da ricercare nella vostra lezione. Paradossalmente poi potrebbero essere loro a stimolare, chiedendo di rispondere a tutte le domande indicate.

Facciamo un esempio. Se dovessimo spiegare questi argomenti: Basi di Internet, Sito Web, Browser e Motore di ricerca, potremmo consegnare ai ragazzi queste domande:

  • Come è nato e come è evoluto Internet nel tempo?
  • Cosa si intende per albero di un sito web? Cosa rappresentano le foglie?
  • Quali sono le funzionalità principali di un browser?
  • Come posso cercare un documento di word su Internet?

Per rispondere alle domande i ragazzi devono seguire la lezione e comprendere ciò di cui si sta parlando. La domanda, inoltre, crea curiosità e permette di contestualizzare subito.

In definitiva, fornire un elenco di domande la cui risposta rappresenta i punti chiave della lezione, da un lato fornisce una guida per la lezione, sia per il docente che per gli studenti, e dall’altro stimola la loro curiosità.

Una obiezione potrebbe essere: questo non impedisce che uno studente stia disattento e poi si faccia passare le domande. Vero.  D’altronde anche uno studente assente non seguirà la lezione e dovrà poi farsi passare le domande. Il problema non è risolvibile del tutto… a meno che non si utilizzi la lezione capovolta e poi si facciano lavorare individualmente i ragazzi sulle tematiche presentate.

Infine nel caso di ragazzi con difficoltà di apprendimento (BES), la lista di domande potrebbe rappresentare uno strumento molto utile per seguire la lezione.