Torniamo a insegnare!

Insegnante Felice
Quanta energia perde un docente cercando di insegnare un argomento ad una classe che non è interessata a seguire? Quanta fatica fa ad evitare che i ragazzi copino e si passino bigliettini durante un compito vanificando mesi di spiegazioni? Quanto tempo resta veramente per insegnare?

E se fossero gli stessi studenti ad essere interessati e a chiedere spiegazioni ed approfondimenti ai docenti?

Proviamo a pensare se capita di trovare uno studente veramente motivato… Certo! E se ci pensiamo questo capita quando si discute di un argomento che gli interessa per sue motivazioni personali. In generale ogni volta che un ragazzo si trova a dovere svolgere un compito che sente suo e per il quale può chiedere informazioni ad un docente, quest’ultimo viene automaticamente visto non più come una entità nemica da sconfiggere e ingannare ma come il più valido aiuto di cui dispone per risolverlo.

La scuola non molti anni fa era dominata dal modello del “docente severo” che grazie alle sue conoscenze ben superiori a quelle di uno studente e al terrore che come autorità incuteva riusciva a tenere al guinzaglio la classe, utilizzando anche strumenti che ora potrebbero essere considerati quasi di tortura psicologica come deridere uno studente impreparato facendogli indossare di fronte alla classe un cappello d’asino. Oggi la situazione è molto cambiata perché da un lato nella società si presta una maggiore attenzione alle esigenze personali, pensiamo ad esempio alla stessa idea di “democrazia dal basso”, un tempo impensabile, e dall’altro gli studenti vivono in un ambiente così dinamico e ricco di informazioni che il modello del “professore che sa tutto” è diventato impraticabile. Anzi, spesso ora sono proprio gli stessi studenti a deridere un docente in quanto da un lato incapace di capirli e dall’altro legato a metodologie vecchie e sorpassate, come se nella scuola si insegnassero per anni solo cose assolutamente inutili nella vita di tutti i giorni.

E’ importante quindi che anche il docente segua questa evoluzione imparando a insegnare la propria materia non più andando in contrapposizione con lo studente ma piuttosto facendo leva sul mare di informazioni di cui ogni ragazzo è portatore e quindi facendo sbocciare le sue capacità. Anche perché le aziende migliori allo stato dell’arte come Google, Amazon o Apple non sono aziende in cui un piccolo numero di persone ha ancora la possibilità, come succedeva un tempo, di controllare tutti gli aspetti della vita quotidiana del lavoratore. Sono aziende dinamiche che evolvono internamente e si modificano al cambiare delle esigenze del mercato e in cui è importante coniugare la guida e i valori aziendali dati dal capo, pensiamo a Steve Jobs, con le competenze e le capacità di ognuno che in modo creativo le applica per svolgere il proprio lavoro.

Proprio in quest’ottica si inseriscono le Raccomandazioni europee per il passaggio graduale ad una scuola basata sull’apprendimento per competenze. Cosa significa esattamente? Significa formare i ragazzi in modo che siano in grado di applicare le abilità e le conoscenze apprese a scuola a dei problemi reali in modo autonomo e creativo. In modo che non passino più la maggior parte del loro tempo inventando metodi creativi e geniali per copiare durante i compiti ma investano il loro tempo per risolvere insieme all’insegnante i problemi che si trovano a dovere affrontare.

L’idea delle competenze è straordinariamente semplice nel concetto e incredibilmente ampio nei possibili risultati. Ma come si opera?

Il punto di partenza della didattica per competenze è il curriculo, che sostituisce il vecchio concetto di programma. Il curriculo descrive tutte le competenze che uno studente apprenderà, anno per anno, includendo anche le competenze sociali e civiche, quelle metodologiche e metacognitive e il contributo che tutte le materie possono offrire per conseguirle. Dal curricolo è possibile discendere il piano di lavoro annuale di ciascun docente, che dovrà prevedere, oltre agli argomenti da affrontare, i compiti da affidare agli studenti. Un compito in genere racchiude diverse attività e può essere molto semplice, nel caso coinvolga una competenza e che si sviluppi in una sola materia o molto ricco e complesso nel caso coinvolga più materie e più competenze. In quest’ultimo caso prende il nome di Unità di Apprendimento. Il curriculo per competenze può essere organizzato e dettagliato in un documento chiamato rubrica, che comprende anche le descrizioni dei livelli di padronanza delle competenze, che servono per la loro valutazione.

Facciamo un semplice esempio per dare un’idea delle potenzialità del metodo. Un docente di informatica per insegnare ad utilizzare powerpoint, lo strumento utizzato per realizzare delle presentazioni multimediali, normalmente si focalizza sugli aspetti tecnici e sulle potenzialità dello strumento, insistendo su menu e opzioni e lasciando in secondo piano il perché un ragazzo dovrebbe utilizzare powerpoint. Un approccio per competenze invece aiuta l’insegnante a considerare le abilità tecniche più come strumento da utilizzare per risolvere problemi reali che come fine della didattica. Nella fattispecie è possibile pensare a fare realizzare ali studenti una presentazione in cui possano raccontare qualcosa di loro ai compagni in modo da sviluppare anche competenze come “comunicazione nella madrelingua” e “competenze sociali e civiche” e rendere l’uso di powerpoint solo un mezzo per esprimersi al meglio. Focalizzandosi sull’obiettivo, è più difficile copiare dagli altri,  in quanto ogni persona vorrà scrivere nella presentazione qualcosa di diverso e inoltre ogni errore commesso dal punto di vista tecnico, che un tempo era l’oggetto principale della valutazione, perde il connotato negativo e diventa solo parte del processo di apprendimento.

Il compito centrato sulle competenze,  che vanno oltre la materia, permette quindi al docente di spostare il focus su qualcosa di più alto livello rispetto a ciò che si insegna,  che improvvisamente diventa per gli studenti qualcosa di cui hanno bisogno piuttosto che qualcosa su cui vengono valutati e che quindi preferiscono evitare di fare. Per gli studenti inoltre, avere un obiettivo di più alto livello rispetto alla materia, permette di integrare quanto appreso a scuola con quanto appreso in altre materie e nella vita di tutti i giorni.

Da dove cominciare quindi?

Dai compiti ovviamente! E un ottimo punto di partenza in cui trovare informazioni sulle competenze chiave europee e le rubriche, divise per indirizzo scolastico, è www.piazzadellecompetenze.net. E’ importante considerare che questa metodologia è nuova e tutto il materiale fornito è in continuo miglioramento per essere sempre più utile e facilmente utilizzabile.

La strada da fare è ancora moltissima ma l’obiettivo, come già detto, è di fondamentale importanza: migliorare la scuola in modo che permetta agli studenti, collaborando con i docenti e sfruttando le loro capacità, di crescere come individui responsabili e in grado di scegliere in modo attivo cosa è meglio per loro e per la società.

Inoltre è possibile provare già ora la scuola per competenze cominciando a strutturare la propria didattica in compiti significativi. Andate all’area dedicata al kit per la didattica per competenze.

2 pensieri su “Torniamo a insegnare!

  1. Una visione edulcorata della scuola, quella che ho appena letto, in linea con l’ideologia “politically correct”… In realtà le sfuggono le contraddizioni della scuola di massa, detta “inclusiva”
    A) I docenti sono teoricamente pensati come quelli che devono trasmettere la cultura delle materie curricolari e dei programmi. Chiamati a risponderne formalmente.
    B) Ma la “squola” non li seleziona a monte: sono solo numeri di graduatoria. Non li segue, nè li accompagna in un percorso formativo, come faceva fino agli anni ’90.
    C) La “squola” li usa per sorvegliare e gestire l’utenza. L’utenza ha l’ULTIMA PAROLA su tutto: il ragazzo/a va male ? Il docente non ci sa fare e/o é tutta colpa del “disagio psichico” e degli handicap diagnosticati a go go, come DSA, BES e compagnia. Certi soggetti ambosessi fanno DI TUTTO dentro e fuori l’aula, ma NON NE RISPONDONO in alcun modo: puri e innocenti come buoni selvaggi di rousseauviana memoria. La lezione può esser disturbata o perfino impedita: SENZA CONSEGUENZA DISCIPLINARE di alcun tipo !!
    D) Il docente XXI secolo non ha una sua personalità di didatta e di “educatore”, ma esiste solo in funzione del gruppo di appartenenza. La scuola lo immette nella “rete” dei progetti-educazioni-attività piovute sul collegio docenti da una pletora di ONG ed ONLUS (non propriamente disinteressate…) e lui/lei vi collabora, spesso in orario di lezione, togliendo tempo in classe e studio a casa alle materie curricolari, quelle che lui dovrebbe insegnare.
    E) La sua voce conta spesso meno di zero. A meno che non sia una “figura di sistema”, responsabile di questo e di quello, aggregata alla tal funzione-obiettivo, come si recita in scolastichese.
    F) Alle belle ciarle ormai non ci crede più quasi nessuno. Agli exploit propagandistici degli intellettuali da salotto, idem come sopra. Servirebbe invece una presenza di persone intellettualmente ONESTE che sollevassero il tappeto colorato ed accattivante degli “open day”, per mostrare tutta la babilonia e l’IPOCRISIA che ci sono sotto !
    Persone che ponessero la vera domanda: esiste ancora una CULTURA davanti a cui essere responsabili, docenti e studenti, oppure bisogna allestire-reclamizzare-implementare con attività varie (non “repressive”, non “frustranti”, non “discriminatorie”, mi raccomando !) una specie di super-market per attirare iscritti, da gestire e accudire come pargoletti tra i cinque e i venti anni di età ?

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