La bellezza a scuola

Birth_of_Venus_detailCome ogni anno sta per arrivare il primo giorno di scuola e come ogni anno ci si prepara a scrivere il programma di quello che si farà nelle classi. Nel programma si parla di argomenti da studiare. Della metodologia utilizzata per spiegare. Del numero di verifiche e delle modalità di valutazione. Di quante ore di lezione ci saranno. Delle parti del libro che saranno studiate. E’ un elenco spesso noioso da scrivere e se lo facessimo leggere agli studenti prima dell’iscrizione probabilmente non cambierebbero scuola solo perché tutte le scuole fanno lo stesso. C’è poco insomma che faccia brillare gli occhi e faccia pensare: “Wow! Guarda quante belle cose imparerò quest’anno!”. Non è un peccato?

L’altro giorno guardavo SuperQuark e mi ha colpito l’introduzione perché gli argomenti sono presentati in modo ben diverso. “L’acqua è la molecola della vita, ma anche una delle risorse più critiche del pianeta. Ecco quanta ce n’è e come la usiamo” “In Francia sono state ristrutturate le più antiche grotte dipinte dall’uomo per dare a tutti la possibilità di vedere i capolavori dei nostri antenati” “Per i topi ed altri animali il metodo migliore per vivere più a lungo è mangiare di meno. E per l’uomo?”

Gli argomenti di SuperQuark sono proposti in modo interessante e invogliano a saperne di più. Catturano l’attenzione con interrogativi che coinvolgono tutti. Non si indica come sarà spiegato l’argomento, quanto durerà il servizio o chi ha filmato le riprese. In realtà anche le materie che spieghiamo tutti i giorni sono ricche di elementi interessanti perché tutte le invenzioni umane e tutti gli scritti sono nati da visioni e da idee. Ogni scrittore aveva qualcosa da raccontare e ogni scienziato qualche problema da risolvere. Ogni filosofo sentiva l’esigenza di descrivere e comprendere la realtà in cui viveva. Ogni artista di trascendere i limiti della realtà e anche lo studio delle lingue insegna modi diversi di comunicare e di interpretare la realtà.

Perché non aggiungere allora anche nei programmi scolastici qualcosa per ricordare il significato di quello che si studia? Invece di scrivere “Il futurismo e i principali interpreti” si potrebbe scrivere “l’esigenza delle persone di non rimanere troppo legati al passato ma di sperimentare e di provare: il futurismo”. La rivoluzione francese potrebbe diventare un modo in cui si mostra “l’esigenza di libertà del popolo e delle persone”. Un argomento di informatica “l’idea per automatizzare un processo per semplificare la vita di tutti”. Ogni cosa che è stata realizzata ha un suo motivo d’esistere.

Questo modo di presentare un argomento arricchisce inoltre il lavoro perché se l’obiettivo passa da “studiare tre opere di Marinetti” allo “scoprire l’esigenza di sperimentare e provare” allora si può dare spazio ad uno studente per trovare un’opera sconosciuta o poco letta del futurismo che per lui rappresenta anche meglio il concetto. Sia il docente che lo studente avrebbero qualcosa da imparare.

Così, solo con un programma che ci parla del valore e del perché delle cose, si studia il mondo partendo dai bisogni autentici delle persona. Si aiuta lo studente a scoprire la bellezza e la perfezione delle diverse materie invece che a subirle come elementi alieni pensati da persone che non avevano niente a che fare con lui. Si incentiva la crescita di persone più tolleranti e amorevoli nei confronti di tutte le diverse espressioni dell’opera dell’uomo.

Tornando alla realtà, probabilmente non c’è la possibilità di modificare veramente il programma scolastico, ma questo resta un bello spunto per presentare in modo diverso gli argomenti in classe.

Intervista sulla Classe Capovolta

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Può capitare di leggere della classe capovolta e di domandarsi: ma può veramente funzionare? Abbiamo chiesto al Maurizio Maglioni come è cambiata la sua didattica. Puoi valutare tu stesso se la sua esperienza può darti qualcosa.

Buongiorno Professor Maglioni!
Come era la sua esperienza di docente prima di capovolgere la didattica?

Prima di capovolgere lavoravo in una scuola con le LIM in tutte le aule. Usavo molto gli audiovisivi nelle mie lezioni ed addestravo i miei alunni ad usarli nello studio a casa. Insegnavo ad usare in particolare Powerpoint. I ragazzi dovevano prepararsi alle verifiche orali creando dei ppt che mi inviavano per la correzione. Poi in classe esponevano le relazioni mostrando le slide di loro creazione.

Tre anni fa fui trasferito in una scuola completamente priva di LIM. Avrei dovuto ricominciare con il gesso e la lavagna. Mi accorsi, però, che i miei alunni avevano tutti uno smartphone in tasca. Scoprii la flipped classroom di Bergman e Sams e me ne innamorai.

Cosa è cambiato ora?

Ora è cambiato tutto: ho messo in un sito tutti i contenuti da utilizzare a casa ogni settimana e le attività da svolgere in classe. Queste ultime sono descritte con precisione in modo che sia chiaro anche lo strumento di valutazione di ognuna di esse.

I ragazzi sono soddisfatti perché ho abolito le interrogazioni ma ogni giorno essi ricevono un voto o un punteggio che valuta il loro impegno nell’ora di chimica. Inoltre si lavora quasi sempre in coppia o a gruppi di tre in modo da favorire l’aiuto reciproco.

Può farci un esempio di lezione includendo link e materiali?

Il compito seguente l’ho assegnato nelle mie classi seconde in questo mese:

Scrivi una breve relazione da presentare alla classe che contenga le seguenti spiegazioni sul tabagismo:

  1. Qual è la funzione della nicotina nel tabacco?
  2. Qual è il gas più tossico tra quelli presenti nel fumo di sigaretta?
  3.   Perché il catrame si ferma nei polmoni?
  4. Per quale motivo il tabagismo accorcia la vita media delle persone?
  5. In media di quanto accorcia la vita il tabagismo?

Puoi aiutarti  leggendo questo testo sul tabagismo http://www.my-personaltrainer.it/salute/nicotina.html e vedendo il seguente filmato: http://youtu.be/jBoa42ZyPus.

La relazione sarà oggetto di presentazione alla classe nell’ora successiva. Ricorda di citare i siti dai quali ti informi e verifica che siano imparziali.

Che risultati ha ottenuto con i tuoi alunni?

I risultati sono oltre le aspettative: in una mia classe prima ITIS, dove il consiglio di classe aveva accettato di adottare parzialmente e solo in qualche materia l’apprendimento capovolto, abbiamo avuto la totalità dei promossi a giugno con la sola eccezione di due ragazzi che avevano più del 25% di assenze.

Che problemi ha risolto con la didattica capovolta?

Ho risolto tanti problemi: l’interesse e la motivazione degli studenti, la possibilità di allargare a tutti gli strumenti compensativi per i DSA, la possibilità di recupero per gli assenti o per chi resta indietro, la possibilità di assegnare compiti sfidanti ai più dotati. Ma la cosa più importante è che si colma la distanza con il mondo reale: si lavora in classe su compiti autentici, non si studiano orbitali molecolari teorici ed alle volte gli stessi miei studenti mi insegnano gli ultimi ritrovati della chimica nei farmaci, nella cosmetica o nelle materie plastiche.

Che strumenti ha utilizzato?

Lo strumento più importante per me è il cooperative learning perché consente di ottenere risultati di apprendimento qualitativamente e quantitativamente migliori. Penso inoltre che sia uno strumento non solo utile ma, direi, indispensabile per la spinta emotiva ed educativa che promuove nei ragazzi. Credo che non ci sia niente di più culturalmente affascinante dell’imparare a vivere l’amicizia usando la condivisione come “arma di costruzione di massa”.

 Grazie professor Maglioni!

Noi ci salutiamo in attesa della prossima intervista! 🙂

La verifica si corregge da sola

“Ciao! Cosa farai in queste vacanze?”

“Vacanze… non farmici pensare! Mi hanno invitato a passare quattro giorni in montagna e tu sai quanto mi piace… però…”

“Però cosa?”

“La vedi questa pila? Ho 5 classi. 30 studenti per classe. 150 compiti da correggere. Dove vuoi che vada?”

Quante volte vi è capitato qualcosa di simile? Quante volte avete passato pomeriggi e mattinate a correggere compiti mentre avreste preferito fare qualcosa di più stimolante? L’obiettivo della correzione in sé è nobile: mostrare ai ragazzi i loro errori per aiutarli a migliorare. Spesso però a loro questo non interessa e gli basta sapere se il voto è sufficiente. Ore di lavoro finiscono per risolversi in uno sguardo affrettato. Un risultato un po’ umiliante se paragonato a tutto il tempo investito nella correzione.  Non sarebbe bello se le verifiche si correggessero da sole?

surprisedGli ingredienti sono semplici e la ricetta pure. Ve ne diamo un esempio, da cui prendere spunto, da modificare ed adattare a piacimento.

Prepara il compito come hai sempre fatto e presta attenzione al fatto che si possa svolgere in una quarantina di minuti invece che nella classica ora.  Contemporaneamente prepara anche un altro foglio con tutte le soluzioni degli esercizi.
Poi fai tante copie quanti sono gli studenti sia delle verifiche che delle soluzioni.

Quando consegni il testo del compito spiega la nuova modalità: avranno quaranta minuti di tempo per svolgere l’esercizio e poi un quarto d’ora per correggere un paio di verifiche a testa. Così, alla scadenza del tempo e come hai sempre fatto, raccogli tutti i compiti, poi dividi la classe in due parti e consegna ad una parte i compiti dell’altra insieme alle soluzioni in modo che li possano correggere. Chiedi che ognuno assegni il voto in base ad una scala che avrai preparato e che riporti tutte le correzioni sul compito in matita.

Risultato? Dopo un’ora avrai in mano tutte le verifiche della verifica corrette, al costo di esserti organizzato un po’ diversamente da quanto hai sempre fatto.

Vengono in mente altri vantaggi oltre al tempo guadagnato:

  • Si possono fare più verifiche durante l’anno,
  • Anche i ragazzi che non hanno studiato possono imparare dalla correzione,
  • I ragazzi imparano a correggere il lavoro degli altri,
  • I ragazzi accettano e capiscono la correzione visto che se la sono data loro,
  • Ci si risparmia per una settimana la solita domanda: “Prof, ha corretto i compiti?”.

Una variante, senza ridurre il tempo del compito, può essere quella di fare lo stesso il compito in un’ora e farglielo correggere l’ora successiva. A voi trovare il metodo che più vi piace in modo che, con minore fatica si possa ottenere un risultato migliore per tutti.

Che fare ora del tempo guadagnato? Spero non abbiate bisogno di aiuto per rispondere a questa domanda ma se proprio non sapete che fare avremmo un suggerimento: Leggete un bel libro che vi possa dare nuovi suggerimenti e ispirazione. Insomma, leggete un libro magico, di vostro gusto.

 

 

 

Le ore di supplenza non sono più un problema!

 

A volte le ore di supplenza sono critiche: è, infatti, davvero difficile entrare in una classe che non si conosce e pensare di fare qualcosa di utile. In più, se ci si trova a dovere fare l’appello la mattina, le cose si fanno ancora più complicate!

Nomi e cognomi stranieri, impronunciabili e con accenti impossibili saranno lì, scritti nero su bianco sul registro di classe, pronti a tendervi un agguato. E i legittimi proprietari saranno, a loro volta, tesi, carichi e in attesa che, come tutti gli altri prof, li pronunciate nel modo sbagliato. Un vero e proprio campo minato!

Che fare allora? Che ci sia un modo di trasformare questa trappola mortale in una opportunità?

Certo! Esiste un semplice trucchetto, affinato in anni e anni di esperienza dal mio collega “MR” e messo gentilmente a vostra disposizione, che vi permetterà non solo di salvare la faccia, ma anche di uscirne a testa alta. Da vincitore.

È molto semplice: fate leggere l’elenco dei nomi direttamente ai ragazzi! Questo vi darà, da un lato, la certezza che tutti i nomi e i cognomi saranno pronunciati nel modo corretto, e, in più, durante l’appello voi potrete focalizzarvi su qualche studente che vi colpisce e memorizzare il suo nome. Durante la lezione, poi, potrete riutilizzare qualcuno dei nomi imparati (anche solo per fare una domanda) e, in questo modo, genererete ondate di incredulità, stupore positivo e interesse: “Ma come è possibile? È qui da 10 minuti e già si ricorda i nostri nomi, quando gli altri professori ancora non se li ricordano dopo 2 anni? Fantastico!”.

E gongolandovi un po’ nel ruolo del grande mago, potrete godervi l’ammirazione e, allo stesso tempo, aumentare il successo della lezione, qualunque essa sia.

Oggi parlo io!

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Quando si parla di scuola vengono quasi sempre prese in considerazione le opinioni degli adulti, siano essi insegnanti, genitori, giornalisti, persone che ricoprono una carica pubblica o altri soggetti ancora.

I veri protagonisti della scuola, però, sono gli studenti. Perché, allora, non viene quasi mai chiesto loro cosa pensano di questo “mondo”?

Per conoscere e capire i pareri di chi, questa realtà, la vive ogni giorno, ho preparato delle domande da porre, appunto, ad alcuni studenti, scegliendo ragazzi e ragazze che frequentano scuole differenti in diverse città.

Quando è stato loro proposto di rispondere a queste domande, tutti si sono dimostrati sorpresi, e molti di loro hanno confessato di essere un po’ in difficoltà poiché non abituati a parlare della scuola. Nonostante questo erano entusiasti di poter dire cosa pensano di un argomento che, a dispetto di tutto ciò che si può pensare, sta loro a cuore.

La prima domanda era: come ti piacerebbe fossero le lezioni?
Vediamo cosa pensano gli studenti riguardo a questo argomento:

  • Le lezioni dovrebbero essere strutturate in modo tale che ci possa essere uno scambio di opinioni tra studenti e insegnanti, perché ognuno ha qualcosa da imparare dall’altro;
  • La spiegazione non dovrebbe essere una semplice ripetizione del libro, ma gli insegnanti dovrebbero fare anche dei discorsi personali;
  • Durante le lezioni ci dovrebbero essere degli esempi pratici, che possano essere collegati con il mondo reale e che siano anche uno spunto per delle riflessioni;
  • Le ore in classe dovrebbero essere più organizzate per non perdere del tempo che potrebbe essere prezioso;
  • Le spiegazioni dovrebbero coinvolgere la classe con domande e/o suggerimenti;
  • Gli insegnanti dovrebbero rendere la spiegazione simile a una storia, e raccontarla in modo tale che chi ascolta possa imparare senza annoiarsi.

Dopodiché è stato chiesto loro se a scuola si distraggono. Tutti gli studenti intervistati hanno risposto in maniera affermativa, motivando le loro risposte.
Ecco, quindi, per quali motivi in classe c’è chi si distrae:

  • La lezione sta diventando noiosa e pesante, e non c’è nulla che motivi la concentrazione;
  • La distrazione a volte è dovuta alla stanchezza, soprattutto se sono le ultime ore;
  • Il motivo a volte è semplice: gli studenti trovano qualcos’altro che li impegna;
  • Gli insegnanti fanno una pura lezione frontale, quindi lo studente non si sente coinvolto;
  • A volte la distrazione è causata dalla presenza di pensieri di vario tipo, anche esterni all’ambiente scolastico.

Il terzo quesito si collegava al precedente: gli studenti, infatti, dovevano dire come, secondo loro, deve comportarsi un insegnante per stimolare l’attenzione della classe.
L’insegnante “ideale” dovrebbe:

  • Fare riferimenti alla realtà, così la lezione può diventare più interessante;
  • Raccontare delle esperienze personali che possono essere utili agli studenti;
  • Mettere gli argomenti, soprattutto i più difficili, sotto una luce diversa, tenendo un tono attivo, forte, squillante;
  • A volte, concedere delle pause, soprattutto se gli argomenti sono difficili e pesanti;
  • Ricordare che è stato a sua volta su quei banchi e quindi cercare di capire di più gli studenti;
  • Interagire con la classe;
  • Comportarsi umanamente, senza creare ansia inutile;
  • Non mirare a portare a termine il programma a tutti i costi, ma, piuttosto, dare a tutti il tempo di capire le cose;
  • Aiutare chi è più in difficoltà.

Il quarto punto dell’intervista domandava cosa si dovrebbe cambiare della scuola attuale.
Questa è stata la domanda in cui si sono presentate maggiori difficoltà: all’inizio, infatti, gli studenti si sono mostrati disorientati. Dopo una riflessione, però, sono emerse molte problematiche, come:

  • La necessità di cambiare i metodi di giudizio. Molti professori, secondo gli studenti, tendono a dare voti alti o voti bassi a seconda del loro umore. Dovrebbe esserci una “scaletta di giudizio” unica che possa rendere giustizia ai ragazzi e possa aiutare i professori a giudicarli in modo oggettivo.
  • Il comportamento dei professori, i quali dovrebbero rendere la lezione più tranquilla ponendosi in modo calmo e comprensivo, soprattutto durante le interrogazioni, aiutando i ragazzi a sconfiggere l’ansia e le preoccupazioni.
  • La mancanza di accordi tra alunni e insegnanti per fissare i compiti e le interrogazioni. Secondo gli studenti si dovrebbero accettare volontari, organizzare delle interrogazioni programmate e, inoltre, evitare di appesantire troppo alcuni giorni della settimana.
  • I programmi scolastici, poiché alcuni di questi, ora puramente teorici, dovrebbero prevedere anche della parte pratica.

All’ultima domanda i ragazzi dovevano esporre le loro aspettative.
Gli studenti vorrebbero che la scuola:

  • Fosse valorizzata di più, perché si parla sempre più spesso di una scuola senza educazione, senza principi. Invece, per gli studenti, la scuola ha grande importanza;
  • Portasse a raggiungere la maturità sia in campo scolastico che extrascolastico;
  • Fosse un aiuto per prepararsi per il futuro e per inserirsi nel mondo che ci sarà dopo di essa;
  • Parlasse di realtà, di fatti concreti;
  • Preparasse alla vita vera, ed educasse a superare vari problemi che si potrebbero incontrare;
  • Aprisse una finestra verso il futuro, offrendo speranza.

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In conclusione, ciò che gli studenti desiderano è una scuola dove loro sono al centro, circondati da insegnanti a cui dare fiducia, che trasmettano serenità e coi quali sia possibile comunicare. Ciò che chiedono è una scuola giusta, che funzioni, che parli di realtà, che li prepari per il futuro, che insegni tanto in maniera coinvolgente e divertente, senza annoiare mai.
Certo, questi sono dei desideri ambiziosi ma, con un po’ di aiuto reciproco, anche raggiungibili. E allora perché non provare a realizzarli davvero?

 

“Non desideriamo cose facili. Desideriamo cose grandi, cose ambiziose, fuori portata. Esprimiamo desideri perché abbiamo bisogno di aiuto e abbiamo paura, e sappiamo di chiedere troppo, però continuiamo a esprimere desideri perché qualche volta si avverano.” [Grey’s Anatomy, quinta stagione, episodio 11]

Siamo su Internazionale!

Internazionale 1019

Nel numero 1019 di Internazionale si parla di Università e di corsi online, i cosiddetti mooc, che cominciano ad avere un ruolo importante anche in Italia. Consiglio a tutti la lettura! Anche perché… nel consueto articolo di Tullio De Mauro che parla della scuola sono stato nominato!

Si legge: “Ora la Erickson sta per pubblicare un volume scritto da due insegnanti della scuola secondaria superiore, Maurizio Maglioni e Fabio Biscaro. E’ una guida pratica per preparare materiali didattici che, adatti alle esigenze degli alunni, sostituiscano le lezioni frontali in aula e le tradizionali interrogazioni orali liberando il tempo per una didattica interattiva, di gruppo o, dove necessario personalizzata.

Scusate l’emozione ma… non capita tutti i giorni! 

I BES, clamoroso insuccesso o opportunità?

Il Dio BES

Chi sono i ragazzi con Bisogni Educativi Speciali? Nella direttiva del 27 Dicembre 2012 si legge: “In ogni classe ci sono alunni che presentano una richiesta di speciale attenzione per una varietà di ragioni: svantaggio sociale e culturale, disturbi specifici di apprendimento e/o disturbi evolutivi specifici, difficoltà derivanti dalla non conoscenza della cultura e della lingua” e si deduce che “l’area dello svantaggio scolastico è molto più ampia di quella riferibile esplicitamente alla presenza di deficit”.

Per “disturbi evolutivi” si intendono, oltre i disturbi specifici dell’apprendimento, anche i deficit del linguaggio, delle abilità non verbali, della coordinazione motoria, dell’attenzione e dell’iperattività, compreso il funzionamento intellettivo limite.

Tutte queste differenti problematiche non prevedono la figura dell’insegnante di sostegno, ma una “presa in carico” dell’alunno con BES da parte di ciascun docente curricolare e di tutto il team di docenti coinvolto.

Teoricamente è un’ottima direttiva, che definisce anche gli strumenti per “prendersi cura” al meglio di ogni alunno speciale. Prevede, infatti, l’istituzione dei CTS (Centri Territoriali per il Supporto), che annualmente dovrebbero definire i PAI (Piani Annuali di Intervento) e aiutare i docenti e le scuole a definire il PDP (Piano Didattico Personalizzato) studente per studente. Ma anche se si riuscisse a mettere in piedi tutta l’organizzazione, con tutta la formazione, la pianificazione, il tempo e soprattutto il denaro che la normativa richiederebbe per essere attuata, l’insegnante si sobbarcherebbe un immenso lavoro extra. Come segnala giustamente Giorgio Israel nel suo blog, l’insegnante dovrebbe diventare:

  • Un assistente sociale;
  • Un valutatore e diagnosta delle problematiche di apprendimento dei ragazzi;
  • Una persona in grado di insegnare in modo differenziato a tutte le varie tipologie di BES;
  • Il responsabile dei problemi dei ragazzi, che possono anche facilmente approfittarne;

E contemporaneamente dovrebbe trovare il tempo per personalizzare la didattica per tutti i suoi studenti con Bisogni Educativi Speciali e non, e per correggere e valutare in modo diverso i loro compiti. Una Caporetto.

Proviamo però a considerare ciò che c’è di buono nella direttiva, cioè il fatto che le difficoltà di apprendimento dei ragazzi sono una realtà, e non possono essere ignorate completamente, La valutazione autentica come ci suggerisce la simpatica vignetta a fianco. La personalizzazione e l’individuazione della didattica personalizzata non sono una novità. Le caratteristiche individuali, al di là di qualsiasi etichetta diagnostica e/o svantaggi socio culturali, dovrebbero essere un principio guida per la definizione della didattica, ma la teoria a volte mal si concilia con la pratica.

Einstein era dislessico e ha imparato a leggere a 9 anni, ma questo non gli ha impedito di essere uno dei più grandi scienziati di sempre. Per lui la soluzione è stata lasciare la scuola. Ma poiché noi crediamo nella scuola, (ci crediamo, vero?) e crediamo che la scuola possa dare molto ai ragazzi è ancora più importante fare un passo nella direzione dei nostri piccoli futuri Einstein, supportandoli nella crescita da un lato e dandogli tutti gli strumenti per essere dei cittadini responsabili dall’altro. Come fare?

La direttiva ministeriale aggiunge, inoltre, che “…è sempre più urgente adottare una didattica che sia ‘denominatore comune’ per tutti gli alunni e che non lasci indietro nessuno: una didattica inclusiva più che una didattica speciale”.

Con la consapevolezza che ogni ragazzo ha un suo modo d’essere, sarebbe quindi bello riuscire ad avvicinarci alla didattica inclusiva:

  • Fornendo del materiale didattico il più semplice possibile, fruibile senza problemi anche da chi ha difficoltà nella lettura;
  • Dedicando più tempo ai ragazzi, in modo da supportare chi ha più bisogno senza annoiare chi è più bravo;
  • Fornire dei compiti diversificati e più coinvolgenti per gli studenti più bravi;

Una metodologia che va nella direzione della soluzione di questi problemi, e che promette anche molto di più, è l’insegnamento capovolto. L’insegnamento capovolto, o Flipped Teaching, prevede di utilizzare dei video, che i ragazzi guarderanno a casa, per sostituire o comunque diminuire il tempo dedicato alle lezioni frontali. Prevede inoltre di utilizzare il maggior tempo a disposizione in classe per lavorare al loro fianco nella realizzazione dei compiti/progetti. Questa metodologia permette di soddisfare i punti precedenti perché:

  • I video possono integrare testo, immagini e audio e rappresentano lo strumento più semplice e coinvolgente possibile per tutti i ragazzi. I ragazzi con difficoltà potranno guardarli più volte;
  • La visione dei video con le lezioni a casa permette di liberare tempo a lezione per svolgere gli esercizi a fianco dei ragazzi;
  • I ragazzi più bravi e interessati saranno quasi autonomi ed avranno la possibilità di impegnarsi in compiti più complessi, o di dare il loro supporto per aiutare i ragazzi meno dotati;

Oltre a soddisfare i punti precedenti,  l’insegnamento capovolto può essere facilmente integrato con altre nuove metodologie di insegnamento come l’Inquiry Learning, il Problem Based Learnig, la didattica per competenze, ecc… per creare dei compiti più coinvolgenti e interessanti.

In conclusione la consapevolezza che esistano i disturbi di apprendimento, certificati o meno, è molto utile per essere più comprensivi con i ragazzi, o almeno per introdurre un ragionevole dubbio nel legame imperante tra fa fatica a leggere = non ha voglia di studiare. Inoltre possiamo servirci dell’insegnamento capovolto per fornire a tutti i ragazzi degli strumenti più semplici per imparare, e per avere a disposizione più tempo per farli esercitare e appassionare alla materia che ci piace insegnare.

Se non avete mai provato una lezione capovolta, dedicate un paio d’ore a prepararne una. Provate utilizzando le infinite risorse gratuite disponibili in rete, o ispirandovi a quello che hanno già fatto i docenti che stanno sperimentando il metodo in Italia nelle discipline di Chimica, Latino, Informatica e Inglese. I vostri ragazzi impareranno e si divertiranno e, cosa ancora più importante, vi divertirete anche voi!

Anna Pia Marsico & Fabio Biscaro

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La direttiva ministeriale completa – BES – Direttiva Ministeriale 27 12 2012

PS: Se qualcuno si domanda cosa sia l’immagine in alto a destra la risposta è: Il Dio Bes!

La separazione dei ruoli del docente

Lavoriamo insieme

Proviamo un piccolo cambiamento per fare in modo che tutti i nostri studenti siano motivati e dalla nostra parte.

La scuola italiana lascia il docente un po’ allo sbando. In ogni momento c’è il rischio che al ministero qualcuno si svegli e sogni nuovi sacrifici per gli altri, che un genitore arrivi implorando e chiedendo aiuto per il proprio ragazzo che a casa studia tantissimo e non ha senso che a scuola non prenda dei voti, che ragazzi cerchino di imbrogliare e copiare e che il preside si inventi qualche nuova attività obbligatoria per tutti e gratuita.

Questa situazione ha anche dei lati positivi. Nel momento in cui sei docente, infatti, hai uno stipendio e, nonostante non sia al livello di molti paesi europei, per lo meno c’è. Inoltre, nel bene e nel male, sei libero di fare come vuoi. Nel male sappiamo bene cosa questo comporti: se passi il tuo tempo a fare leggere ai ragazzi un libro invece che a spiegare, avrai su di te sguardi di disapprovazione, ma nessuno ti potrà mai cacciare. Nel bene possiamo organizzare le lezioni come crediamo sia meglio fare. Perché quindi non sfruttare questa libertà per una piccola rivoluzione che ci semplificherà la vita in classe?

La vita del docente in classe è complessa, e parte di questa complessità è dovuta al fatto che impersona due ruoli spesso antitetici: da un lato deve insegnare, aiutare e guidare gli studenti e dall’altro valutarli. Bilanciare le due cose non riesce sempre facile. I ragazzi lo sanno e, talvolta, ne approfittano. Capita, infatti, di aiutare i ragazzi nelle interrogazioni o di dare dei piccoli suggerimenti durante i compiti. I ragazzi inoltre sanno che meno riusciranno a fare spiegare al docente, meno quest’ultimo chiederà durante la verifica. Il rischio è quello di innescare un braccio di ferro tra il docente, che cerca di fare di più, e gli studenti, che cercano di fare di meno. Queste e altre complicazioni sono dinamiche insite nel doppio ruolo.

Nella vita reale, al di fuori della scuola, come viene risolto questo problema?

E’ semplice! Non si verifica! In un’azienda si lavora per il cliente. Tutto l’ambiente, a meno di qualche situazione patologica, dovrebbe essere interessato a soddisfarne i bisogni e a collaborare. Lo stesso capo è interessato a supportare il lavoratore in modo da soddisfare le esigenze del cliente. Nella maggior parte dei lavori chi paga il servizio, e quindi chi ci valuta, è un’entità esterna al gruppo di lavoro. Il cliente si assume la responsabilità di quello che chiede e paga (cioè valuta) solo se riceve quello che chiede. Il gruppo di lavoro è responsabile di seguire le istruzioni del cliente, in genere concordate a priori tramite un contratto, e di fornire il prodotto/servizio. Se l’iPhone non funziona ce la prendiamo con Apple. Potremmo prenderecela con Apple se i suoi telefoni non funzionano, dopo avere terminato di insegnargli come si fanno? Come ci guarderebbe Apple?

Così nella scuola il docente lavora prima con lo studente, gli insegna come fare, e poi lo giudica in base a quello che ha imparato lasciando molto alla soggettività del rapporto docente-studente. Come si può fare?

Una soluzione ci sarebbe: la separazione dei ruoli. Nelle moderne aziende, quelle alla Google per intenderci, ogni gruppo di lavoro viene diviso in tre distinte parti:

  • Il team, il gruppo che fa il lavoro, composto nel nostro caso dagli studenti;
  • Il facilitatore, la persona che guida il gruppo e lo aiuta a risolvere i problemi, nel nostro caso il docente;
  • Il responsabile del progetto, che cura gli interessi del cliente e verifica che le sue richieste vengano soddisfatte, che nel nostro caso potrebbe essere un altro docente.

Si potrebbe fare così: due docenti della stessa materia si mettono d’accordo e si aiutano. Il docente esterno alla classe dà ai ragazzi le consegne del lavoro, qualunque esso sia, e le verifica al termine di un periodo concordato. Il docente della classe invece insegna ai ragazzi come fare le cose e li prepara per la verifica.

Ad esempio supponiamo di avere un’unità didattica della durata di un mese, mirata all’apprendimento delle disequazioni. Due docenti decidono di collaborare. All’inizio dell’unità didattica entrambi si presentano alla classe dell’altro e spiegano quello che vogliono e come sarà la verifica alla fine del mese, come fossero rappresentanti del cliente, cioè della società che vuole i ragazzi preparati. Poi tornano alla loro classe e hanno un mese di tempo per preparare i propri ragazzi per la verifica che l’altro docente somministrerà. Lo scambio di classi, quindi, è limitato solo all’assegnazione dei lavori e alla verifica, poi tutto torna normale, come sempre. La grande differenza è però che il docente della classe ora lavora con i ragazzi sempre e solo con l’unico obiettivo di guidarli, aiutarli e prepararli. Inoltre il docente e i ragazzi avrebbero un obiettivo comune da raggiungere e questi ultimi si troverebbero finalmente nella situazione in cui la scelta più conveniente è quella di collaborare con il docente.

Passare dalla teoria alla pratica non sarà facile, ma indubbiamente una esperienza interessante, e potrebbe valere la pena provare anche solo per una volta durante l’anno. Soprattutto dalla terza superiore in poi, quando i ragazzi non si sentono più bambini, ed è giusto che comincino ad assumersi la responsabilità di quello che fanno in modo utile e costruttivo e con delle regole che glielo permettono. In più potrebbe essere un modo per collaborare attivamente con un altro docente e preparare insieme delle lezioni in modalità Flipped Learning, facilmente riutilizzabili negli anni.

 

Tic Tac, il voto ad orologeria!

 

Conto alla rovescia
Conto alla rovescia

Stanchi di studenti che non consegnano il lavoro e tatticamente stanno a casa saltando verifiche e interrogazioni? Alcune semplici e divertenti idee per lasciare a loro la responsabilità.

Il voto a orologeria

E’ una tecnica che si può utilizzare per punire le fastidiosissime consegne in ritardo.

La soluzione più semplice sarebbe, ovviamente, non ammettere la consegna in ritardo, ma se per qualche ragione non possiamo farne a meno, dobbiamo evitare che si creino ingiustizie. “Perché lui, che ha consegnato in ritardo, ha un voto identico al mio che mi sono impegnato in tempo?”.

In cosa consiste allora il voto ad orologeria? Consiste nel fare in modo che il voto massimo si abbassi con l’aumentare del ritardo. Se lo studente consegna in tempo il voto massimo è 10. E se consegna in ritardo? Il voto massimo passa a 8, a 6 o a quello che decidiamo a seconda del ritardo. Così limiteremo le ingiustizie.

Se per la consegna dei lavori utilizzate una piattaforma come Moodle, siete facilitati perché avete a disposizione un sistema che memorizza automaticamente i tempi.

Il voto anticipato

Quando un ragazzo salta un compito o la consegna di un lavoro, tante volte diventa faticoso doverlo inseguire per averlo. Se si ritiene che il lavoro sia importante si può utilizzare il voto anticipato.

In cosa consiste? Quando il lavoro viene assegnato si mette allo studente un bel due nel registro, e solo quando il lavoro viene consegnato il due verrà sostituito con il voto effettivo. Lo studente salta la consegna? Peggio per lui!

Dopo tutto quando si lavora se non si consegna nulla non si viene pagati. A scuola invece il nulla, quando non viene conteggiato, viene premiato perché non fa media.

La somma dei voti

Siamo già abituati a calcolare il voto di un ragazzo in un compito utilizzando delle griglie di valutazione che i ragazzi conoscono. Ad esempio un compito può essere fatto di cinque esercizi, due punti per esercizio e a seconda della qualità delle risposte, sommando i punteggi, arriviamo al voto.

Perché non fare lo stesso anche con i voti di un quadrimestre? Quattro compiti/interrogazioni/verifiche, quattro voti fino a 2,5. Si sommano i risultati e si arriva a 10. Se qualcuno salta un compito è quindi costretto a recuperare.

Conclusioni

L’anno scorso ho provato tutti e tre questi metodi: i primi due si sono rivelati interessanti, mentre nel terzo caso ho fatto un passo indietro, non mi convinceva del tutto perché non considerava l’andamento scolastico e l’impegno. Mi sembra comunque interessante cercare di avvicinare la valutazione ai meccanismi della vita reale che i ragazzi troveranno naturalmente finita la scuola.

5 minuti per fare diventare la tua lezione indimenticabile

cervello

Vi è mai capitato che una lezione, nonostante tutto il vostro impegno per renderla interessante e coinvolgente, si sia rivelata poco efficace? E partecipando invece ad un convegno in veste di ascoltatore, vi è mai capitato di perdervi punti importanti nonostante tutto il vostro impegno a seguire?

Anche nel caso in cui lo studente presti sempre la massima attenzione, e questo è più un sogno che una realtà, può capitare che perda qualcosa. Magari per il semplice fatto che non sa che alcune cose sono importanti o perché si distrae un attimo. Il problema è che al termine dell’ora chi perde qualcosa non è nemmeno in grado di sapere cosa si è perso.

Come si può risolvere questo problema? Magari rendendo anche la lezione più interessante? E senza oberarsi di altro lavoro visto che tra le mille cose da fare c’è sempre poco tempo a disposizione?

Una semplice soluzione è consegnare ai ragazzi prima della lezione un foglio di domande dove ogni domanda è pensata perché la risposta sia uno dei punti chiave.

Perché domande e non un elenco di punti? Perché una domanda crea curiosità e un possibile spazio per la risposta, da ricercare nella vostra lezione. Paradossalmente poi potrebbero essere loro a stimolare, chiedendo di rispondere a tutte le domande indicate.

Facciamo un esempio. Se dovessimo spiegare questi argomenti: Basi di Internet, Sito Web, Browser e Motore di ricerca, potremmo consegnare ai ragazzi queste domande:

  • Come è nato e come è evoluto Internet nel tempo?
  • Cosa si intende per albero di un sito web? Cosa rappresentano le foglie?
  • Quali sono le funzionalità principali di un browser?
  • Come posso cercare un documento di word su Internet?

Per rispondere alle domande i ragazzi devono seguire la lezione e comprendere ciò di cui si sta parlando. La domanda, inoltre, crea curiosità e permette di contestualizzare subito.

In definitiva, fornire un elenco di domande la cui risposta rappresenta i punti chiave della lezione, da un lato fornisce una guida per la lezione, sia per il docente che per gli studenti, e dall’altro stimola la loro curiosità.

Una obiezione potrebbe essere: questo non impedisce che uno studente stia disattento e poi si faccia passare le domande. Vero.  D’altronde anche uno studente assente non seguirà la lezione e dovrà poi farsi passare le domande. Il problema non è risolvibile del tutto… a meno che non si utilizzi la lezione capovolta e poi si facciano lavorare individualmente i ragazzi sulle tematiche presentate.

Infine nel caso di ragazzi con difficoltà di apprendimento (BES), la lista di domande potrebbe rappresentare uno strumento molto utile per seguire la lezione.